domenica 14 maggio 2017

Eurovision Song Contest: celebrate diversity

C'è chi aspetta Sanremo come se fosse l'avvento del Messia, chi aspetta tutto l'anno la nuova edizione di X Factor, chi si pompa di energy drink per affrontare il festival del Primo Maggio e chi, invano, attende il ritorno del Festivalbar. E poi ci sono io, che aspetto l'Eurovision Song Contest.
Lo aspetto con la trepidanza con cui Giulietta aspettava Romeo, lo ammiro con lo stesso sguardo di passione con cui un gatto adocchia la sua pappa, lo vivo con la felicità di un bambino davanti ai gonfiabili, insomma, sono una vera fan, anche se da relativamente poco. Ma la domanda che alcuni di voi potrebbero porsi è: cosa diavolo è l'Eurovision Song Contest? E' forse la fiera canora dell'ormai defunto Euromercato? E' un festival delle musiche tradizionali europee? E' una nuova trovata di Youtube per far conoscere adolescenti canterini appena saltati dentro alla pubertà? No. O meglio, Ni. Perché di fatto è un festival e c'entra la musica, anche se non necessariamente tradizionale. Fondamentalmente, si tratta dei Giochi senza Frontiere in versione musicale. O, come dice la buona Wikipedia (che tutto sa), è il Sanremo europeo, senza tutte le chiacchiere soporifere e il gusto per il melodramma che ci mettiamo noi (quest'ultima parte l'ho aggiunta io). Il meccanismo è semplice: 41 paesi europei (tra cui un inspiegabile Israele che, se la geografia non è un'opinione, non fa parte dell'Europa) e l'ospite fissa dell'Australia (che ogni anno si comporta sempre più come il pesce), si affrontano in una gara canora che decreterà un vincitore europeo. La gara si snoda in tre serate, composte da due semifinali e una finale, con votazione al 50% tramite televoto e al 50% data da una giuria di esperti per ogni paese. E se alcuni di voi stessero ancora storcendo il nasino pensando che l'Eurovision sia una sciocchezza, sappiate che tra i vincitori figurano addirittura gli ABBA. Gli ABBA!!! Insomma, non certo il primo cantante raccattato da sotto la doccia! Ma i motivi per cui L'Eurovision è bellissimo non si limita alla sua storia millenaria (è attivo dal 1956), al fatto di essere finito nel Guinness World Record come programma musicale più longevo della storia o alla partecipazione di cantanti famosi. L'Eurovision è bello perché è adatto a tutti i palati, anche ai vecchietti con la dentiera che mangiano la pasta scotta, accontenta tutti, è fatto dei più alti ideali e del più squisito trash che si possa immaginare, il tutto declinato nella più nobile delle arti: la musica. Quindi che tu sia un tamarro o un intellettualoide, avrai di che gioire guardando l'Eurovision. E questa è sicuramente la sua prima grande forza: unisce i popoli.
Non solo tamarri e hipster, che si possono trovare a condividere i popcorn sullo stesso divano, ma anche le popolazioni europee, che entrano in contatto con culture diverse e, soprattutto, canzoni a cui, altrimenti, difficilmente avrebbero potuto avere accesso (alla faccia della globalizzazione). L'idea è la stessa delle Olimpiadi greche: far smettere tutti di scannarsi per qualche giorno e concentrare la sfida su un campo più creativo, solidale e indolore. Se proprio dobbiamo essere nazionalisti, facciamolo in nome dell'arte. E magari, ci scappa anche il voto per un paese che, in altre circostanze, non avremmo neanche considerato sull'atlante. Celebrate diversity, celebrare la diversità, è questo il motto dell'Eurovision. Mescolare, contaminare, stimolare ed incuriosire, con l'utopico (lo sappiamo) obiettivo di abbattere i muri e smontare i pregiudizi utilizzando l'unico vero linguaggio universale, che non è la matematica, per quanto possano dirne i vostri professori, ma la musica. E' così che magari, ci potremmo sorprendere a sentire una cantante rumena fare lo Yodel (sì, ragazzi, è successo quest'anno) o scoprire un sound spiccatamente rock nel gruppo ucraino. Se poi siamo fortunati, incontreremo un cantante, o una canzone, che ci farà innamorare al punto da inserirla nel nostro catalogo musicale di spotify, così da spuntare un altro paese nel nostro mappamondo musicale. E l'Eurovision ha trovato un modo molto furbo per dare allo spettatore la spintarella che gli serve per interessarsi alla musica di altri paesi: il sistema di votazione infatti prevede che ciascun paese non possa votare il cantante che lo rappresenta. In questo modo, quindi, finiamo tutti con il buttare nel cestino quel nazionalismo torbido che si alimenta di stereotipi per adottare un sano atteggiamento sportivo. Ma, come dicevo, L'Eurovision Song Contest ha una seconda bellezza, altrettanto allettante e tremendamente spassosa: la sua indiscutibile vena trash. Il programma ha infatti una sottile linea rossa tra il buongusto e il cattivo gusto su cui difficilmente riesce a restare a lungo e che rende tutta la sua visione estremamente divertente e pittoresca, un po' come guardare un ubriaco che cerca di camminare diritto davanti a sé. L'uso massiccio di ventilatori per far svolazzare ogni pelo presente sulla testa delle cantanti donne (e mi raccomando, solo donne), l'abuso di fontane d'artificio ad ogni cambio di intonazione e alcune canzoni a dir poco imbarazzanti che vengono proposte durante il concorso sono le vere perle di questa competizione. Quest'anno, sicuramente la corona se l'è aggiudicata il rappresentante del Montenegro, una versione magrolina di Kahl Drogo del Trono di Spade con una sicurezza gigantesca, una passione per le maglie trasparenti e i pantaloni attillati, ma che purtroppo temo avesse dimenticato in camerino le doti canore quanto le capacità di danza. Una gioia per gli occhi! Un discorso a parte, poi, meritano i vestiti dei concorrenti. A quanto pare, L'Eurovision è l'occasione per sfoggiare i vestiti più improbabili della storia, con piume, tulle, spacchi vertiginosi, risvoltini che farebbero venire colpi aplopettici a molte persone che conosco e inspiegabili fughe di calzini che interessa tutti i partecipanti maschili.
La Svizzera, in versione cosplay fashion di Titty
E ancora lustrini, brillantini, design dalle ispirazioni più particolari, gonne che occupano mezzo palco, abiti da principesse dai colori più accesi, spalline con manie di protagonismo e tutti gli accessori che possono aumentare il livello di svolazzo garantito dagli immancabili ventilatori. Come potrete aver intuito, la parte da leone la fanno le signore, che si sbizzarriscono alla ricerca degli indumenti più faraonici che riescono a trovare, strizzandosi a dovere dove serve e sigillando il tutto con ettari di raso, tulle e paillettes. E dato che sono eternamente costrette a fronteggiare le trombe d'aria artificiali del programma, compensano aumentando il buco dell'ozono a furia di lacche per capelli, spray e gel fissanti al solo scopo di evitare il disastro di finire la performance con l'aspetto dello zio It della famiglia Addams. Così troviamo capelli che sfidano le leggi della gravità, acconciature che sembrano scolpite direttamente sullo scalpo e ricci perfetti che sono stati probabilmente passati precedentemente in un bagno di amido. I riferimenti ai classici Disney si sprecano, ovviamente, con vari modelli di Else, diverse allusioni alle principesse di tutti i lungometraggi dagli anni '60 ad oggi, comprese quelle pinnate, e, naturalmente, l'immancabile abito bianco che sembra comprato direttamente nel negozio di spose di Kleinfeld. E infine, i commenti di twitter, che sono la ciliegina sulla torta di tutto questo enorme circo mediatico perfettamente riuscito. Ho sempre pensato che gli italiani avessero un grande senso dell'umorismo e, quando non sono offensivi, riescono a produrre risate irrefrenabili. L'Eurovision dà loro la possibilità di scatenarsi, producendo così uno show nello show, con esilaranti commenti sulle canzoni, sugli abiti, sugli artisti, sulle coreografie, sui ballerini. Ogni anno c'è chi si innamora del belloccio di turno e chi cade ai piedi della dea per eccellenza, chi si interroga sulla propria vita, così diversa dal diciassettenne bulgaro sul palco, e chi semplicemente esprime con entusiasmo il proprio apprezzamento. Ma al centro di tutto restano comunque loro: le canzoni. Canzoni in lingua originale o in inglese, canzoni che fanno ridere, canzoni che attingono a piene mani da tutte le decadi musicali, canzoni improbabili ma che stranamente funzionano, canzoni originalissime e canzoni da annotare nel taccuino del proprio cuore. Alla fine di questi tre giorni, vi assicuro, sarete pienamente soddisfatti del bagno di immagini e suoni a cui avrete assistito. E poi avrete altri 365 giorni per recuperare tutta la discografia dei gruppi che vi sono piaciuti. Così, giusto per sbattere in faccia la vostra geografia musicale davanti all'amico espertone di musica. L'Eurovision ci dà anche questo tipo di soddisfazione. Cosa si può volere di più?
Duille


2 commenti:

  1. Ciao Duille! =) Come sempre bel post!...io ho guardato solo qualche spezzone dell'Eurovision. Non mi dispiace, ma non mi sono mai appassionata davvero a questa kermesse...
    Quest'anno però ho notato il concorrente croato e mi ha fatto ridere un sacco. Ha la capacità di cantare in tutte le tonalità, apparentemente senza fatica, e in molte lingue. Secondo me meritava molto di più lui del portoghese che ha vinto, quantomeno per l'impegno! :D

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    Risposte
    1. Ciao fanciulla! In effetti il concorrente croato faceva praticamente un duetto da solo, era bravissimo! Io avrei fatto vincere la Moldavia, ma sono contenta che alla fine non abbiano trionfato i bellocci scolpiti o le bellissime giraffe che hanno popolato il palco quest'anno. 😊

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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