domenica 15 settembre 2019

Quando procrastinare è un'arte

Procrastinare. L'arte del rimandare fino a quando non è più possibile farlo, la scienza della segmentazione costante del tempo in granelli sempre più infinitesimali, la disciplina agonistica del resettare il timer ogni volta che si avvicina la fatidica scadenza, bestia sacra degli iniziatori di dieta, dei pigri, dei compilatori di buoni propositi, degli studenti universitari e, naturalmente, degli ansiosi. Tutti la conosciamo, tutti ce la portiamo dentro come il batterio del fuoco di Sant'Antonio che, si sa, finisce sempre col bussare alla porta nei momenti meno opportuni e senza neanche portare una conveniente bottiglia di vino. 
 La procrastinazione non è di certo prerogativa dell'ansia sociale e non sono neanche certa che tutti noi ansiosi la usiamo allo stesso modo, ma di sicuro la sottoscritta ne usa e abusa a piene mani, al punto che, se esistesse un suo equivalente del barattolo delle parolacce, a quest'ora avrei già potuto comprarmi una capannina alle Maldive, con quel giusto grado di modestia dato dalle mie umili origini. Dato che suppongo che la procrastinazione agisca per vie oscure e personalissime, lasciate che vi racconti come essa si declini nella mia nervosissima personcina. Prima di tutto, per me la procrastinazione è fortemente legata all'ansia, detta anche il buco nella ciambella della mia esistenza. Ansia e procrastinazione sono amiche per la pelle, tipo la pizza e l'ananas per gli americani, e in me diventa lo strumento supremo dell'autosabotaggio, proprio come la pizza hawaiana. Vorrei dire che la uso per evitare eventi spaventosi, ma questo significherebbe affermare che agisco su di lei una qualche forma di controllo, quando, diciamocelo, è molto più probabile che io riesca a convincere telepaticamente i piccioni a liberare i loro intestini sulle auto dei miei nemici piuttosto che controllare il piccolo sabotatore interno. No, direi piuttosto che lei si attiva quando ho paura di fare un qualcosa collocabile in un futuro dall'imminenza variabile e sempre in occasione di eventi da evitare assolutamente, anche a costo di dover espatriare sotto falso nome. In questo senso non so se dovrei considerarla, almeno nelle intenzioni, una sorta di salvavita Beghelli, un salvagente nel mezzo di un oceano senza neanche lo sputo di un atollo all'orizzonte, oppure la mazzata definitiva sui denti, stile bastone che si abbatte sul cucciolo di foca. Penso che in definitiva sia un mezzo con cui cerco di illudermi di poter evitare il problema che mi affligge senza prendermene davvero la responsabilità, proprio per la mancanza di controllo di cui sopra. Per me la procrastinazione gode di vita propria, come la ricrescita post epilazione: non la puoi evitare, non la puoi rallentare, puoi solo continuare a combatterla come si lotta per estirpare il male dai posseduti (the exorcist insegna). La mia procrastinazione poi, proprio perché è una veterana e ha molti anni di fidato (e non richiesto) servizio alle spalle, col tempo ha iniziato a diventare creativa, così da riuscire a svicolare meglio al mio già lasso controllo razionale. Il mio piccolo sabotatore interno quindi ha diversificato l'offerta, comprendendo:

1. uno starter pack, fatto delle classiche frasi standard tipo "lo faccio dopo", "finisco questo e vado", "stasera mi ci metto, giurin giurello", "cascasse il mondo, domani lo faccio" e svariate altre versioni del "perché fare oggi quello che potresti fare domani, soprattutto se quella cosa che devi affrontare te la fa fare nelle mutande peggio di un abbondante piatto di lenticchie in brodo?". Lo Starter pack mi si attiva di solito quando la Diabolica Scadenza è molto lontana o quando l'evento in questione non è per me di grande importanza, quindi probabilmente riuscirò ad evitarlo senza troppi sensi di colpa. Questo perché di solito è la forma di procrastinazione più facilmente rilevabile dalla mia coscienza, che io immagino sempre come dei Nasi che subodorano le palle che mi racconto da sola. Se dovessimo paragonarlo ad un odore, il pacchetto base saprebbe molto di gorgonzola. E si sa, la puzza di piedi è inconfondibile e impossibile da ignorare.

2. Bugie, in vasto assortimento e a diversi livelli di raffinatezza, che vanno dal non ho tempo, al sono stanca, lavoro troppo, sono molto impegnata, ci sono le pulizie da fare, i gatti da nutrire, l'aria da respirare, il senso della vita da cercare, fino a contorti ragionamenti scagionanti che si supporrebbero a prova di bomba. E non iniziamo neanche a parlare delle indulgenze papali che mi regalo quando ho affrontato altre situazioni ansiose durante la giornata e che mi permettono di giustificare la procrastinazione della scadenza al giorno dopo in nome del mio essere Giovanna D'Arco. Come si potrà intuire, la bugia è particolarmente conveniente perché, oltre a permettere di procrastinare, mi ammanta anche di un'aura di santità stakanovista, praticamente divento una mondina dei primi del Novecento. Di fatto, mi da' la scusa perfetta per mettere al tappeto i cani del senso di colpa già pronti a spolparmi viva. 

3. Le amnesie. Qui siamo già a livelli di creatività da Triennale di Venezia. Dato che nel corso degli anni i Nasi hanno iniziato a subodorare puzza di bruciato anche nelle bugie (ve lo dicevo che la mia coscienza è un po' lassa), la procrastinazione ha fatto un salto di qualità arrivando direttamente a farmi dimenticare le scadenze che mi spaventano, ripalesandole nella mia mente quando, per vari motivi, sono impossibilitata a portare a termine quelle azioni. Uno dei momenti più deliziosamente disturbanti è la ricomparsa del ricordo la sera tardi quando, già indossato il pigiama con le pecorelle e comodamente sistematami sotto le coltri, inizio ad abbioccarmi felicemente. A quel punto, in un lampo da fulmine a ciel sereno, mi ricordo di aver dimenticato di fare quella cosa, La Terribile Cosa che mi mette un'ansia assurda. Risultato? Sonno rovinato, ansia a pallettoni e cuore che tenta di sfondare il petto in stile cartone dei looney toones. Il mio futuro prossimo è costellato di occhiaie grandi quanto piccoli monolocali e irritabilità da gatto a cui hanno pestato la coda. 

4. Le somatizzazioni. Somatizzare significa trasferire sul piano fisico questioni che riguardano l'emotività: crampi allo stomaco, problemi intestinali vari, dermatiti, tachicardia e altri deliziosi flagelli fuori elenco sono tutti classici esempi in cui il corpo reagisce alla psiche. Quando è la procrastinazione ad avvalersi di questo meccanismo, si raggiungono però livelli da magia nera perché è la forma che agisce direttamente sul corpo e la percezione e che viene usata solo nelle situazioni di emergenza, cioè quando, evidentemente per intercessione divina, sono riuscita a superare tutte le precedenti tecniche di sabotaggio e mi ritrovo catapultata nell'imminenza della Terribile Cosa. A quel punto, maestro entra in azione. Innanzi tutto il tempo improvvisamente assume due velocità diverse: c'è il tempo accelerato nella mia mente, che corre come una volpe inseguita da altolocati cani britannici, e il tempo esterno, che continua a muoversi alla solita velocità. Il risultato è che mentre per me passa un secondo (quel secondo in cui io ragiono sul da farsi) fuori, nel mondo, di secondi ne sono passati cinque. L'obiettivo è quello di farmi perdere l'occasione e credo di costellare il tutto con la classica figura da cioccolataia. Lo sfasamento temporale si associa poi con l'atteggiamento da stoccafisso del corpo, che rifiuta di fare qualsiasi cosa che vada oltre al tenersi in vita. Fine di ogni comunicazione tra centro e periferia e marmorizzazione istantanea da attacco d'ansia. Sciopero dei mezzi fino a nuovo ordine. Silenzio siderale in ogni direzione. La tundra praticamente. Alla fine, in questo tipo di procrastinazione, il mondo, che non ha tempo da perdere con me, decide al posto mio, lasciandomi sola in mezzo ai rotolacampi a domandarmi cosa diavolo sia successo. E naturalmente, a piangere. Quello è un evergreen intramontabile che pepa le mie giornate dagli inizi del nuovo millennio. 

Questi sono le tecniche che la mia procrastinazione ha sviluppato nel corso di decenni di lotta armata e non oso immaginare quali incredibili altre meraviglie da incubo abbia in serbo per me in futuro.
Se per ognuno di noi la procrastinazione crea un campionario di tecniche pensate ad hoc per la nostra persona, penso di poter parlare con certezza nel dire che l'obiettivo sarà sempre quello di impedirci di prendere di petto la situazione, crogiolandoci piuttosto in una lenta agonia da verdura in cottura nella minestra che, sorprendentemente, troveremo essere comunque un'alternativa molto più valida e ragionevole alla folle idea di risolvere la questione una volta per tutte. In fondo, credo, ci si abitua a tutto, anche al vapore del bollito. 

Duille


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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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