domenica 27 agosto 2017

Meccanismi difensivi

Una delle cose più difficili da gestire in quanto ansiosa sociale, sono i meccanismi difensivi. Un mondo nel mondo, vasto quanto la realtà di Super Mario Bros, passaggi segreti e livelli bonus inclusi. I meccanismi difensivi non sono l'ennesimo sintomo dell'ansia sociale, ma un funzionamento tipico dell'essere umano, quindi non sorprendetevi se anche voi, normopersone, vi ritrovate nella categoria.
I meccanismi difensivi sono tutti quei comportamenti, reali o mentali, che ci permettono di evitare situazioni che ci provocano angoscia per svariati motivi e che, secondo babbo Freud, servivano a mascherare pulsioni inesprimibili. L'idealizzazione nelle prime fasi dell'innamoramento è un esempio di meccanismo difensivo. Quella che ci permette di vedere il nostro innamorato come un Einstein nel corpo di Johnny Depp (dei tempi d'oro, s'intende) e col cuore di Gandhi, quando invece gli altri vedono una versione meno verde di Shrek. Facciamo un altro esempio, questa volta cinematografico: avete presente il comportamento scorbutico e sfuggente di Mark nei confronti di Juliette in Love Actually? Un altro meccanismo difensivo, questa volta messo in atto in modo cosciente per proteggersi dal dolore. Il problema quindi non è l'uso del meccanismo difensivo, ma il modo in cui viene applicato e il contesto in cui si attiva. Facciamo un altro esempio cinematografico: in The Holiday (mi rifiuto di chiamarlo con il suo nome italiano - l'amore non va in vacanza -) Cameron Diaz non riesce a piangere. Non versa neanche una lacrima. Asciutta come il letto di un fiume cambogiano. Quello è un meccanismo difensivo sfuggito al controllo. Ed ora, vediamo un esempio nella realtà: i meccanismi difensivi dell'ansia sociale. Noi ansiosi, come ho detto fino alla nausea, viviamo in uno stato di continua tensione, come se fossimo bloccati nella Genova del G8 del 2001 in piena carica della polizia. Quindi i nostri meccanismi difensivi sono sempre attivi, come tante lucette di Natale impazzite, sempre pronte a scattare per salvarci la pelle. Sono una personalità alternativa che ogni tanto prende il controllo ma di cui siamo sempre coscienti. Semplicemente, quando lei prende il timone, possiamo solo fare resistenza passiva e sfruttare tutte le tecniche yoga che conosciamo o che ci siamo inventati. Uno di questi meccanismi difensivi è quello che io chiamo il "non ti vedo, quindi non esisti". Un meccanismo semplice come una puzzetta e altrettanto imbarazzante. Un meccanismo che, per anni, ho condiviso col mio cane, tra l'altro. Si tratta di fingere in modo ostinato, determinato e deciso di non vedere la persona che ci sta di fronte. Se non la vedo, non esiste. 
E' un comportamento dettato dal panico, naturalmente, che però conserva un minimo di strategia. Fondamentalmente, la cosa procede in questo modo: sto camminando verso il mio destino, libera e felice come solo una farfalla nevrotica può essere, quando il mio campo visivo percepisce una perturbazione nella Forza: un viso familiare si staglia all'orizzonte. Adesso, la mia reazione a questo punto potrà prendere sfumature leggermente diverse a seconda delle due variabili di riferimento, ovvero:
1- la capacità del mio cervello di associare alla faccia un nome e, se sua magnificenza la Corteccia Cerebrale vuole, anche un ricordo identificativo. 
2- il grado di familiarità che ho con quella persona. Tenete conto che questa categoria è un po' restrittiva perché, a meno che tra me e l'altra persona non ci sia stato un legame di sangue in una vita precedente, difficilmente sarò serena nell'incontrarla. 
Ciò che invece non cambia è il pugno nello stomaco che immancabilmente mi fa esalare tutta la mia anima in un unico rantolo sommesso, congiunta ad una mossa da karateka che mi stritola il cuore. Rocky Balboa che incontra Ken Shiro. In una parola, l'ansia, che nella mia mente ha sempre le fattezze di Xena quando pratica la digitopressione sui suoi nemici. "Tra pochi secondi il tuo cervello non avrà più sangue e tu morirai tra atroci sofferenze". Capite bene che quando una Xena incavolata si mette di mezzo con parole così dolci non è che ce la si possa prendere troppo comoda, quindi di solito il mio organismo da' forfait e affida tutte le pratiche ai meccanismi di difesa, che sono un po' i corpi speciali dell'ansia sociale. La situazione a questo punto prende una piega da film catastrofico di quarta categoria, tipo meteorite che si sta per schiantare sulla terra ed in cui solo lo scienziato troppo nerd anche per i nerd e con i fondi di bottiglia agli occhi, potrà evitare. La cosa si evolve all'incirca in questo modo: 

-Capitano, meteorumano a 100 metri-.
-Voglio uno screening completo del campo di battaglia.-
- Strada diritta, edifici antichi, ampia massa di persone, capitano. - 
-Meteorumano a 50 metri- 
- Selezione delle possibili vie di fuga, adesso!-
- tre negozi accessibili, due strade laterali, una a cinque metri sulla sinistra.-
-30 metri-
-Caporale, proceda al vaglio del margine di manovra per effettuare una fuga senza apparire sospetti.-
-20 metri.-
Intervento della paranoia e abbandono del piano di fuga ("ABORT! Ma cosa credi, che quello non se ne accorga se di colpo te la fili in una stradina sfigata?")
-10 metri!-
-Cazzo, di già? Via al piano di emergenza!-
-Ancora?-
- Zitto, mozzo! Torna a pulire i cessi con lo spazzolino da denti! Ho detto PIANO DI EMERGENZA!-
- 5 metri!-   
- Artificieri, preparate le mani alla manovra difensiva. Programma "mezzogiorno di fuoco".-
- Clint Eastwood o Terence Hill?- 
- Ma chissenefrega! Basta che siano pronte! -
- Capitano, collisione tra 4, 3, 2, 1....-
E niente, a questo punto succede che mi esibisco in un doppio tuffo carpiato nella borsa, fingendo di trovare chissà quale reliquia (abilità acquisita ai tempi della scuola, quando usavo lo stesso trucchetto per evitare le interrogazioni) oppure mi ritrovo a guardare altrove, improvvisamente rapita da quella lesena di chiara ispirazione corinzia nell'angolo più remoto di una casa di passaggio che proprio non avevo notato fino a quel momento. Oppure, certo, c'è sempre la vecchia tecnica del cellulare, su cui digito con la stessa convinzione di Martin Luther King durante la stesura di "I have a Dream". Anche se, nel mio caso, sarebbe più corretto dire "I have a fear". (Nota bene: questa è una tecnica che uso anche per evitare i venditori ambulanti). 
Lo so, sarebbe molto più semplice stiracchiare un ammuffito sorriso di circostanza e dire due parole al meteorumano che mi ha mandata in crisi, ma il problema è che un ansioso sociale ha bisogno di preparazione per parlare con le persone, mica può improvvisare. Noi non abbiamo un repertorio di chiacchiere da salotto a cui attingere, dobbiamo fare una meticolosa preparazione e l'effetto sorpresa non ce lo permette. Perciò, cari normoumani, se per caso ci vedete fuggire come lepri zoppe davanti a voi, non pensate che siamo degli snob con manie di grandezza. Non c'è niente di personale, davvero: siamo solo totalmente, irrimediabilmente persone sull'orlo di una crisi di ansia sociale. 

Duille

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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