domenica 21 gennaio 2018

Mai

C'è una parola che ripeto spesso nel mio identificarmi con l'ansia sociale: MAI. Le mie preferite sono "non riuscirò mai" e "non ce la farò mai", ma ci sono anche "non sarò mai abbastanza", con la possibilità di arricchire la frase aggiungendo un qualsivoglia aggettivo qualificativo (brava, bella, simpatica, intelligente, socievole, decisa), e naturalmente "non troverò mai la mia strada" e "non mi libererò mai dalle mie paure".
Il mai è il mio assoluto in una vita di casualità, è il sibilo della caffettiera al mattino e lo sbadiglio che annuncia la messa a letto la sera. Mai è la mia convinzione suprema, contro cui devo lottare secondo dopo secondo, senza tregua, instancabilmente, perché mi rendo conto che qui c'è in ballo il tempo, il futuro, la vita e arrendersi non è una possibilità contemplabile. Equivarrebbe a morire. Perciò ad ogni respiro si riparte da capo, ad ogni respiro si lotta per rivendicare quello che è mio di diritto. Lui, il Mai, è il ragno che tesse la sua tela ed io sono la falena che tenta di liberarsi furiosamente, sbattendo le ali, scuotendo la testa, sferzando i fili con tutte le zampe, in una danza rabbiosa e tarantolata sfiancante ma necessaria. Mi scuoto, mi divincolo, tento delle fughe, rotolo, mi apro a stella, mostrando tutta l'ampiezza delle ali. E poi strappo, mordo, spingo, lacero, finché sembro quasi nuotare al rallentatore, quando sono stanca e respiro a fatica. A volte il mai guadagna qualche respiro, mi avvolge più stretta ed io mi lascio avvolgere, perché in fondo è più facile lasciarsi andare, è più logico. Godiamoci l'orizzonte in lontananza e i riflessi di rugiada che brillano sui fili tonici come muscoli, invece di perderci in inutili e sterili tentativi di libertà. La mia sorte, in fondo, era già segnata, quindi tanto vale godersi quel poco che mi resta. Mentre il corpo rimane sempre più inerte, le ali sempre più appiccicate all'impossibile, mentre decido silenziosamente di arrendermi, vivo di fantasie e immagino, su quei fili di ragnatela, un improbabile bucato steso ad asciugare, le lenzuola bianche screziate di luce che si gonfiano, appese su quelle linee sottili, come vele di galeoni pirati, riempite dal vento fino a svelarne le forme, in un ossimoro che mi sorprende e mi delizia. Scoprire coprendo, sussurro in un sorriso. L'immaginazione, quella il mai non me la potrà mai togliere, non la potrà mai irretire, è il mio segreto, le ali intangibili, la luce negli occhi. Non si può catturare la luce, non la si può avvinghiare né mettere in un barattolo. Non è una lucciola, la luce non ha corpo: è un riverbero, una scintilla, è l'elettricità che passa tra due corpi emozionati, è il rassicurante "lo so" che spinge a fidarsi e affidarsi. E' solo mia, quella luce, come è mio quel fresco movimento del lenzuolo che si gonfia e si sgonfia nella mente. E' quel segreto custodito come un'agata a salvarmi ogni volta. E a salvare molti di noi, forse tutti.
Lo scoprirci conchiglie piene del suono del mare. Forse, addirittura scoprire di essere quella eco salina che non si può ammutolire. C'è qualcosa da salvare, qualcosa di disperatamente importante da proteggere, qualcosa per cui valga la pena vivere. Quella eco vogliamo che affiori al pelo dell'acqua, oltre noi, fuori dal nostro involucro. E' bella, è calda ed è potente. Cosa più importante, la amiamo, profondamente, impetuosamente, teneramente. E' tutto ciò che vogliamo salvare perché è un sempre che il mai non potrà intaccare. E' incandescente, magnifica, anche se forse per gli altri non sarà niente più che l'ennesimo riflesso di luce, forse addirittura un fiocco di neve in mezzo ad una nevicata abbondante. Ma non esistono due fiocchi di neve identici, o almeno così mi hanno detto. E un singolo cristallo di neve, o un singolo riflesso di luce, potrebbe fermare qualcuno per strada, potrebbe pescarlo come un pesce, lasciandolo attonito, potrebbe strapparlo al tempo e consegnarlo a se stesso o al mondo che lo circonda. Forse, se si è molto fortunati, si potrebbe anche essere la mela newtoniana. O, ancora meglio, essere l'idea luminosa nella mente di Newton. E allora, di fronte a questo campo di papaveri pieno di possibilità sospese, non vale la pena lottare? Non vale la pena scoprirsi belli, qualunque forma il destino ci voglia riservare? Anche se dovessimo essere falene per tutta la vita? L'immaginazione ci salva perché ci scopre amati profondamente e ci rivela preziosi come la prima margherita di primavera. La fantasia ci regala amore e desiderio e anelito di vita. Allora ricominciamo a lottare, respiro dopo respiro. Non vinceremo sempre, il mai ci svuoterà ancora, credendoci gusci, ma in fondo a quell'agghiacciante vuoto ci sarà sempre il lenzuolo che si gonfia di vento, la luce che brilla sulla superficie dello specchio, il fiocco di neve che si poggia sulla mano tesa. Il suono del mare che mugghia in attesa di essere ascoltato. 

Duille

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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