domenica 25 marzo 2018

Telefilm addicted #17: Lovesick

Prendete una classica sitcom moderna, alla How I met Your Mother o, per i nostalgici, alla Friends. Prendete i loro personaggi rigidamente caratterizzati (il pignolo, il romantico, il donnaiolo, il buffo), le situazioni conviviali in cui sono quotidianamente immersi (il bar, il divano di casa, l'ufficio...) e la sostanziale impermeabilità del gruppo ad ogni ingresso del mondo esterno, usato solo come spunto per fantastiche quanto improbabili avventure. Prendete infine i triangoli amorosi, le cotte segrete, le relazioni più o meno turbolente, le inossidabili amicizie al limite dell'impossibile (come faccia un donnaiolo incallito ad essere il migliore amico di un romantico, ancora non lo capisco). Ecco, prendete tutto questo ed inzuppatelo per bene nella REALTA'. Il risultato sarà LOVESICK.
Lovesick è una serie britannica che partiva con un nome tanto evocativo quanto brutto (Scrotal Recall. Sì, avete letto bene) e che, forse proprio a causa del suo titolo un tantinello fraintendibile, è stata sul punto di morire appena partorita. Fu Santa Netflix a scoprirne il potenziale, resuscitandola come una araba fenice dalle ceneri di un network che, con questo titolo, l'aveva resa osteggiabile come la clamidia da cui la serie parte. Ribattezzata in un modo decisamente più rassicurante, Lovesick attualmente vive serenamente sulla piattaforma americana, anche se è ancora poco conosciuta dal grande pubblico, forse proprio a causa della sua imbastitura strutturale, che prende ad ampie mani dal genere della comedy classica, facendola così precipitare nel facile baratro del preconcetto (colpa anche dell'unica cosa che Netflix non sa fare: i trailer). Ma Lovesick, come dicevo, non è una sitcom canonica, con le risate di sottofondo ad intimarti quando ridere o con accozzaglie di personaggi che stanno insieme solo per opera e grazia degli sceneggiatori. Lovesick è una serie che parte dall'amore per raccontare qualcos'altro. Tutto inizia da una notizia imbarazzante: Dylan, stereotipo del bravo ragazzo in cerca dell'amore, scopre, durante una visita medica, di avere contratto la clamidia e si ritrova costretto a contattare tutte le sue precedenti fiamme per avvisarle del fattaccio, così da permettere loro di prendere le eventuali precauzioni mediche. Dylan però è un tipo corretto, dolce come un gianduiotto, e decide che, invece di mandare un asettico bigliettino con scritto "Ehi! Potresti essere la fortunata vincitrice di una malattia venerea!", preferisce contattare personalmente ogni ragazza per annunciarglielo di persona. Questo di fatto è l'espediente narrativo usato per innescare la trama e rievocare diversi momenti della vita del personaggio e dei suoi due amici, Evie e Luke, usando come punto di aggancio dei flashbacks che ripercorrono brevi periodi delle varie relazioni di Dylan. Non a caso, ogni puntata prende il nome di una delle ragazze della sua lista. Il rischio della serie, date le premesse, era quella di fossilizzarsi in un meccanismo ripetitivo, passando di ragazza in ragazza e di gag in gag, risultando noioso e paludoso. Ciò sarebbe stato vero se l'intento della serie fosse stata solo quella di intrattenere il pubblico. E invece, sorpresa delle sorprese, Lovesick vuole raccontare UNA STORIA.
Tutti i personaggi infatti, scritti alla perfezione, sono accomunati da una ricerca d'identità che, inevitabilmente, finisce coll'intrecciarsi con le scelte amorose dei personaggi. L'amore si configura qui come potente miccia capace di mettere a nudo scomode verità, di rivelare insicurezze e fragilità, di mandare in crisi. Le relazioni finite, ed i relativi flashbacks, sono usati come specchi per completare il puzzle psicologico dei protagonisti, il loro modo d'essere. E' questa quest psicologica che riesce a dare, fin da subito, tridimensionalità ai personaggi, e che permette di sfruttare la classica rigidità caricaturale delle sitcom in modo intelligente ed ingegnoso, evitando la palla curva della riduzione a macchietta. La stereotipia iniziale con cui conosciamo i personaggi (Dylan, il romanticone, Luke, lo sciupafemmine, Evie, l'eterna friendzonata) diventa infatti una confortevole gabbia che tutti usano per proteggersi dall'entrare in contatto con le proprie fragilità e, di fatto, fare i conti con se stessi. L'inizio di questa ricerca da parte di Dylan, mossa da una precedente messa in crisi delle meccaniche rassicuranti quanto statiche dei tre personaggi, fa scattare un cambiamento che, fin dalla prima puntata, investirà tutti i protagonisti, seppur in momenti diversi, rispettando la personalità di ciascuno di loro e le diverse resistenze.
Lovesick è quindi l'amore malato, ma nel senso più umano del termine: le relazioni sono tappabuchi usate per nascondere qualcosa con cui non si vuole fare i conti, ma che, alla fine, si rivelano fallimentari, proprio perché finiscono col rivelare quella fragilità che si è tentato così faticosamente di anestetizzare. Questa tematica centrale forza però la narrazione verso una struttura fortemente episodica, con numerosissime quanto fugaci apparizioni di personaggi femminili la cui funzione psicologica si estingue in una puntata, e che quindi potrebbe facilmente produrre un effetto di spaesamento nello spettatore. La sensazione di vertigine però viene controbilanciata, ancora una volta, attingendo ad un elemento caro della comedy: il rapporto di profonda amicizia e complicità che lega i tre protagonisti, capaci di sostenersi e consigliarsi senza giudicarsi, pur avendo un'opinione su quanto accade l'uno all'altro. Anche in questo caso però, il realismo la fa da padrone: alla base di tutto c'è infatti un affetto genuino e poco citofonato, privo di quella tendenza all'ostentazione tipica di molti prodotti più canonici. Qui, l'amicizia si fa autentica e, per questo, molto vicina allo spettatore. Il realismo della narrazione si rivela anche nella permeabilità del gruppo ad altri personaggi, che in alcuni casi si andranno aggiungendo al trio, svelando un'altrettanta complessità (uno fra tutti, Angus). Lovesick è quindi ben interrato nel mondo sociale più allargato, con tutte le sue difficoltà, le amicizie più o meno strette, i problemi economici e lavorativi, senza porsi come microcosmo autosostentante e, alla lunga, asfissiante. E se tutto questo non bastasse, la serie è anche dannatamente tenera, propositiva, frizzante e ottimista. Avvolge lo spettatore in un percorso importante ma ovattato, perfettamente calibrato, in cui provare empatia con i personaggi sarà facilissimo e che, alla fine, come direbbe Caparezza, ti fa stare bene. In definitiva quindi, tutto quello che c'è da sapere su Lovesick è proprio questo: fa stare bene. Insegna qualcosa sull'essere ventenni nel nuovo millennio, sulle crisi inevitabili e sulle inevitabili crescite che queste crisi comportano, fa ridere con il suo umorismo britannico un po' goffo e tenero, e fa pensare che, comunque vada, tutto si risolverà per il meglio. Qualunque questo "meglio" sia. 

Duille




3 commenti:

  1. L'avevo già beccata su netflix e l'avevo aggiunta in lista, poi me ne ha parlato la mia amica catturando la mia curiosità, ma la cosa è finita lì. Adesso leggo il tuo parere e penso che devo assolutamente vederla. Mi sembra molto interessante *_*

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Giusy, Lovesick, secondo me, è assolutamente da vedere, è stupenda e molto più profonda di quanto sembri in apparenza. Io l'ho amata profondamente e ancora adesso la ritengo una delle cose più belle che abbia visto recentemente nel panorama di questo genere seriale. Sono felicissima che il mio post ti abbia incuriosita ancora un po', fammi sapere cosa ne pensi una volta finita. Nel frattempo, ti ringrazio per essere passata e per il tuo commento! Mi hai reso una fogliolina taaaaaanto felice! ;)

      Elimina
    2. Figurati <3
      Non credo di iniziarla a breve (voglio prima finire qualche serie che sto attualmente seguendo), ma sicuramente dopo ci faccio un pensierino!!

      Elimina

Here I am!

La mia foto
Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

Visite

Powered by Blogger.

Cerca nel blog

Lettori fissi

Archivio blog