domenica 22 aprile 2018

Sentiero

Cos'è un sentiero nel bosco all'inizio di Aprile?
Solo una strada che porta da qualche parte. Forse più difficile, più scivolosa e accidentata, ma pur sempre una strada. Una strada con un nome più antico, lasciato per distinguerla dalle strade dell'oggi, che sono lisce come il riflesso di una pozzanghera e grigie come fronti corrucciate nell'atto di capire un concetto difficile. 
Ma perché un sentiero dovrebbe essere una direzione? Può portare in nessun luogo? Chi decide cos'è un sentiero e cosa non lo è? E chi attesta che la fine di un sentiero sia la destinazione? Se ci spostassimo dalla consumata visione antropocentrica che ha dato forma alla nostra mente, cosa troveremmo? Terra morbida, certo, e foglie umide, e un cielo segnato da ragnatele di rami nudi, appena intiepiditi da un raggio di sole dal sapore ancora spiccatamente invernale. E poi tronchi verticali che raccontano la prospettiva e ripristinano la profondità nel moto ondoso di marroni boschivi che sembra non avere inizio, né fine.
Il sentiero, perciò, forse non è uno strumento, una grande freccia da seguire. Forse è un viaggiatore che ci accompagna, come un fiume o un filare di alberi. Forse il suo senso non è nel protendersi in avanti, nell'arrivare in qualche luogo, ma nell'esistere in quella porzione di mondo, essere spazio fine a se stesso e costeggiare uno spazio a lui diverso, come una linea sabbiosa che si tuffa nel mare, spruzzandosi di spuma, o i colori dei campi arati, che cambiano di acro in acro e a seconda della coltivazione. Il sentiero, come la spiaggia o il colore delle campagne, è un facilitatore dello sguardo, una mano che guida verso cose che i nostri occhi deformati dagli scopi e dalle destinazioni faticano a cogliere. Riaggiusta la vista, ripristina le priorità, rallenta la corsa appesantendo i passi, imponendo ostacoli. Ci spoglia degli abiti artificiali delle città con le loro strade di asfalto, costruite per arrivare e non per andare, e ci restituisce silvani, come ricci o lepri impellicciate o come lucertole in cerca del raggio di sole su cui riposare. Il sentiero è il filo di Arianna in un labirinto senza pareti che ci permette di entrare nel cuore delle cose. Per questo sembra non alludere in avanti, ma in basso, verso la terra, le foglie brune, i rami secchi e le pietre ancestrali, più vecchie di tutto ciò che è vecchio. Ci costringe a prestare occhio alle nostre radici e a quello in cui affondano. Alle conchiglie fossilizzate nelle pietre, al tappeto di foglie scure che un tempo, verdissimo, toccò il cielo e che adesso copre la terra a ricordo nostalgico di un'estate ormai lontana e, allo stesso tempo, a promessa fiduciosa di una nuova primavera. Perché se la Natura è cerchio, come può un sentiero dirigersi verso altro che non sia se stesso? Verso altro che non sia la terra, il cielo e gli alberi nel mezzo? Verso altro che non sia una nuova linea dell'orizzonte?
E allora, in questo mondo di cerchi che si ripetono l'uno nell'altro, forse il sentiero non è neanche uno spazio, ma un tempo stratificato. E' fatto di passi, che lo hanno scavato e limato fino a renderlo alveo di un fiume, è nato da vite fuggevoli, passate una volta e forse mai più tornate, dalle loro direzioni, dalle loro storie portate su palmi e su talloni, su zoccoli e zampe. E' fatto di piogge che ne hanno ammorbidito le tracce, di terra umida, ruzzolata dai versanti, di deviazioni create da alberi stanchi accasciatisi un attimo durato per sempre e di rami, spezzati da un colpo di vento più forte, diventati nuovi tronchi pieni di vita. Il sentiero è un esperimento sinfonico di atti arrivati in momenti diversi.
E' il tempo prima del tempo, prima dell'uomo e prima del bosco, il tempo del mare, dei pesci e delle meduse, delle conchiglie rimaste a testimoniare quel mondo sulle superfici di pietre sparse, in attesa di essere viste per raccontare la loro storia e crearne di nuove nello sguardo che vi si poserà, nella mente che le accoglierà, nella penna che ne scriverà, nella bocca che ne parlerà.
E' il tempo recente, appena passato, di un autunno di rossi e gialli scivolati via con le prime piogge invernali, simili ad acquerelli ancora bagnati e di cui resta solo la solida consistenza lignea dei marroni, capaci di creare una nuova tavolozza cromatica fatta di sfumature brune di cui non si conosce ancora il nome: la terra scura. I rami secchi quasi grigi. I bianchi opachi di vecchi muschi addormentati. 
E' il tempo dell'imminente, della primavera ad un passo dall'esplodere, come una banda di ottoni irriverenti in un Rhapsody in Blue. E' fatto di una primula sfacciata come la giovinezza, che ammicca al lato del sentiero e che, come uno squarcio nel tempo, spiazza lo sguardo, quasi fosse un fuoco fatuo di cui non si credeva l'esistenza. E' così gonfia di colore, così bianca e verdissima e gialla, da apparire fuori contesto in quel pacato mare bruno di foglie letargiche e tronchi nudi, in cui solo l'edera tenta timide e riservate pennellate di colore. Viene da un altro tempo, la primula, annunciando un futuro imminente. Lo dice al sentiero e il sentiero lo mostra a noi.
Il sentiero è quindi un momento fatto di tempi, di spazi, di incontri sfiorati, di orme involontariamente percorse, di secoli antichi e fin troppo recenti, di oggi e di ieri, ma anche di domani. Il sentiero cambia il tempo, richiama un'epoca in cui il tempo non era deciso dai calendari e dagli orologi, ma dalle primule, dalle foglie cadenti, dagli anelli degli alberi. Il sentiero è il cielo, gli alberi, i prati, i campi e tutto quello che c'è tra il nostro occhio e la linea dell'orizzonte.
Il sentiero è la Terra.  
Duille


2 commenti:

  1. Non si sa quante volte ho riaperto questo tuo post con l'idea di lasciare un commento che fosse all'altezza di quanto hai scritto, ma la verità è che non ci riesco. Perciò basta, mi arrendo, però non mi andava giù di non farti sapere che non soltanto ho letto questo pezzo, ma mi è piaciuto in una maniera impossibile da esprimere. C'è tanta poesia qui dentro, ed è uscita fuori un'altra sfaccettatura della tua scrittura e della tua capacità di espressione. Boh, quello che hai scritto è bellissimo, sensibile, intelligente. Brava Duille <3

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    1. Ciao Julia, grazie mille per i complimenti. Detto da te, che stimo immensamente (per parafrasare una frase che usavo spesso da bambina, dalla Terra alla Luna e ritorno), ha ancora più valore. Sono appena uscita dalla lettura di un tuo post che mi ha stesa per quanto era bello! Senza parole, davvero! <3

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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