domenica 8 novembre 2015

Strozzatici con quel bicchiere mezzo pieno.

Oggi è una di quelle giornate in cui sono allegra come una lumaca che ha appena scoperto il significato della parola "escargot" sul menù del giorno. E quando mi sveglio in questo mood nichilistico/schopenaueriano non posso fare a meno di pensare alla questione dei "punti di vista", anche ribattezzata "La teoria del bicchiere mezzo pieno". Mi spiego meglio. 
La questione dei punti di vista è quel luogo comune secondo cui, in base al modo in cui guardi il bicchiere, lo vedrai mezzo pieno o mezzo vuoto. E' un modo con cui gli ottimisti, per natura desiderosi di portare fiori di campo anche agli allergici, cercano di convincere i pessimisti che la vita è solo una questione di prospettive, anche se non glielo ha chiesto nessuno, naturalmente. Che volete farci, l'essere umano è impiccione per natura, è il motivo per cui si fanno le guerre. Chiamatelo karma, chiamatelo uso efficace delle energie psichiche, il punto è che secondo questa teoria, se vuoi zucchero devi pensare come se nel cervello avessi zollette al posto dei neuroni e bastoncini natalizi al posto degli assoni. Zucchero chiama zucchero e se per qualche motivo la sfiga si abbatte su di te regalandoti foglie di cicoria invece che caramelle al lampone, beh, la colpa sarà solo tua. Il karma, appunto. Oppure le energie negative che attirano altre energie negative, neanche fossimo delle cavolo di calamite umane o gli aspirapolvere dei Ghostbusters. Il succo della questione quindi è che, secondo questa teoria, le sorti della tua giornata e, per volare proprio alto, della tua vita, sono interamente nelle tue mani. "Il potere della mente ti darà la capacità di cambiare le sorti del tuo disastroso giorno, basta solo volerlo". Praticamente si improvvisano guaritori cristiani del Far West, di quelli che convincevano le persone che, avendo abbastanza fede, si sarebbero ritrovati un fegato nuovo pronto da riempire di alcool come il precedente. Ebbene, oggi mi sono improvvisata porcellino d'india della situazione, mettendo alla prova questa teoria nella quotidianità. Stamattina mi alzo con l'umore più nero dell'inchiostro succhiato ad una notte di luna nuova, mi trascino fino in cucina con il caratteristico strascico dei piedi da elefante marino e mi preparo il latte per la colazione. Nel farlo, mi brucio una manica della vestaglia di pile (sì, sono una ventisettenne che indossa vestaglie...consideratelo un omaggio ad Arthur Dent di Guida Galattica per Autostoppisti). Mentre guardo quel pezzetto di stoffa annerito e ormai della consistenza di una levigatrice, penso: "Ho quasi mandato a fuoco la vestaglia". Ecco, intorno a questa frase si è mossa la mia intera riflessione filosofica estrapolata direttamente dal Cioè del 1999. In fondo, tutto ruota intorno a quel "quasi" e al peso che decideremo di dargli all'interno della frase. Possiamo considerarlo il punto nodale dell'intera questione, quel quasi, come l'anello iniziale di un centrino di proporzioni cosmiche, oppure possiamo scegliere di ignorarlo completamente, come se fosse un intercalare qualsiasi, un "ehm" tra una parola e la successiva, un colpo di tosse nell'andamento del discorso, un rantolo della gola che tutti ignoreranno per educazione. Nel primo caso, quella del "quasi" Big Bang da cui si è originato tutto l'universo, la frase assumerebbe all'incirca questi toni; "Mi sono quasi bruciata la vestaglia. Che botta di culo! Avrei potuto essere l'equivalente di un arrosticino a quest'ora. Sono stata fortunata! E' un chiaro segno che la mia buona stella mi continua ad accompagnare". Colorazioni da arcobaleni cavalcati da unicorni ricoperti di zucchero filato, insomma. 

Nel secondo caso, invece (quello in cui il "quasi" è un punto nero sulla faccia nascosta della Luna), gli accostamenti cromatici saranno più graditi ai fan della famiglia Addams che a quelli dei Mini Pony. In questo caso il discorso si orienta più su queste strade: "Ecco, cominciamo proprio bene la giornata! Quasi mi brucio la vestaglia! Adesso è mezza annerita. E' chiaro il messaggio inviatomi dall'universo: la giornata sarà divertente come una sorsata di olio di fegato di merluzzo". Tralasciando la mia (ne convengo) discutibile tendenza a cercare segni ovunque, a questo punto la psicologia spiccia della vicina di casa impicciona tirerebbe fuori la teoria dei "punti di vista", sostenendo che, nel momento in cui sei in grado di vedere la stessa vicenda in una dolce tonalità pastello, e non nelle catramose colorazioni del petrolio sulle ali di un gabbiano, non ci metterai più di qualche secondo ad abbandonare quel pantano di dolore in cui ti ritrovi e saltare lo steccato dell'ottimismo con mosse alla olio cuore e l'allegria di uno stambecco sotto metanfetamine. Ecco. Lasciate che vi dica la verità e che ve lo dica da ottimista (mio malgrado): SONO TUTTE PALLE! Palle grosse come dirigibili guidati da giganti, palle stratosferiche come sonde spaziali in orbita oltre la gravità, palle inverosimili come l'idea di scientology che le anime degli alieni veleggino intorno a noi cercando di impossessarsi dei nostri corpi. Palle. Palle credibili come un avvistamento della Mucca Carolina nei cieli di Parigi. Non dico che in linea di massima l'idea di sforzarsi di vedere il bicchiere mezzo pieno non sia un buon esercizio per non crogiolarsi nella vasca da bagno dell'autocommiserazione, ma posso assicurare che se ci si sveglia con il piede sbagliato e, appoggiandolo sulla moquette, si finisce col prendersi una storta cadendo rovinosamente di guancia (pure lei sbagliata) sul pavimento della camera da letto mentale, non ci sarà prospettiva che tenga. E questo per un semplice motivo: non è la prospettiva che modifica le sorti della giornata, ma le emozioni.
Non importa da quante angolazioni guarderete la realtà (se a testa in giù, penzolando da un ramo o nella posizione di partenza del saluto al Sole) perché in quei momenti è l'emozione che ha le mani sul volante. E si ci si è alzati con i colori di un polmone dopo dieci anni di accanito tabagismo c'è ben poco da stare allegri e guardare il bicchiere mezzo pieno. In questi momenti non siamo solo depressi o disfattisti, siamo anche e soprattutto INCAZZATI, incazzati come cigni a cui si è negata la mollica di pane, imbufaliti come un'orsa a cui hanno tentato di toccare i cuccioli, inferociti come un milanese a cui hanno rubato l'ultimo parcheggio disponibile sotto il naso ( per chiarire: il suddetto milanese vi ricoprirà di tanti insulti, maledizioni e anatemi da suscitare l'ammirazione dello stesso Voldemort). Quando si è così arrabbiati con il mondo, l'unica cosa di cui si ha voglia è sfogare quell'ira su qualsiasi cosa passi sotto il naso. Ci vuole un capro espiatorio, un punching ball di passaggio, un agnello da sacrificare al grande dio Ira. E se l'ignaro portatore della scritta "picchiami" sulla schiena è il lato positivo che ci saluta colorato ai piedi dell'arcobaleno, beh, sarà peggio per lui. La nostra falce borchiata si abbatterà sul suo sorrisino invitante mentre in sottofondo una musica heavy metal osannerà il nostro gesto di ribellione alla felicità. Guardatevi bene da chi ha iniziato male la giornata perché nessun predicozzo ottimistico disinnescherà la bomba ad orologeria che siamo diventati, impedendoci di portare distruzione nel mondo. Anzi, se qualcuno cercherà di mostrarci la bellezza di questo bicchiere mezzo pieno di fantastiche fortune da lepricano, la risposta sarà sempre la stessa: "Strozzatici con quel bicchiere mezzo pieno!" In questi casi non importa come vorremo vedere il bicchiere perché la verità è che finiremo con lo spaccarlo, quel maledetto, e col farlo con un colpo di martello e lo sguardo omicida alla Dexter. Permettiamoci di essere incavolati come un gatto a cui hanno pestato la coda, per una volta, e non abusiamo noi stessi di una teoria che, se usata con la saggezza propria di Yoda, è capace davvero di aiutare. Se ogni volta che una persona a caso si alza con la gioia di vivere di un calzino vecchio, lo si deve immediatamente convertire all'ottimismo a tutti i costi, finiremo solo con il ridurre la teoria ad una rubrica da quattro soldi di una rivista femminile, oltre che rischiare una padellata in testa. Neruda una volta ha detto in una sua poesia "Questa volta lasciami essere felice". Beh, questa volta, santo fagiano, lasciatemi essere livida! 
Duille 

   

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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