domenica 30 ottobre 2016

Quando il karma è alla stazione del treno...

Le nostre giornate sono costellate da piccole sfortune quotidiane, imprevisti che, a seconda dei giorni, viviamo come catastrofici segni del destino, simpatiche disavventure che diventeranno prontamente succosi aneddoti futuri oppure la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso di una giornata già fin troppo piena di sfighe. C'è però una cosa che pacifica tutti: le sfighe indirette. Quelle sfighe, cioè, a cui assistiamo ma di cui non siamo minimamente protagonisti, ma piuttosto semplici spettatori o, al massimo, ulteriori involontari bastoni tra le ruote dello sfortunato di turno. Sono quelle situazioni in cui, onestamente e senza malizia, ce la godiamo come Poldo davanti alla sua pila di hamburger.
Qualche giorno fa mi sono ritrovata in una situazione del genere: stavo tornando a casa dal mio tirocinio, ero in anticipo rispetto all'orario di partenza del treno ed avevo quindi tutto il tempo per comprare il biglietto alla macchinetta distributrice (la biglietteria è off limits per la mia ansia sociale). Quando sono arrivata, avevo davanti una coppia di ragazzi che stavano trafficando con il display nel tentativo di fare un biglietto per chissà dove. Dietro di me, pochi secondi dopo il mio arrivo, si è invece piazzato un uomo, vistosamente agitato. Ho supposto che fosse in ritardo e rischiasse di perdere il treno, supposizione che si basa sull'unica legge dell'insiemistica in vigore nelle stazioni ferroviarie:  quella dell'orologio. Di solito infatti alla stazione del treno ci sono due evidenti categorie umane: quella del viaggiatore che è in largo anticipo (e se la prende comoda) e quella del tizio che è in ritardo (e deve correre anche se non può fare altro che aspettare), più due categorie bonus, ovvero quella dell'imbranato (che si ostina ad utilizzare strumenti complessi senza esserne capace) e l'adolescente. Quest'ultima è una categoria che meriterebbe un discorso a parte, ma per le nostre esigenze vi posso dire che, generalmente, l'adolescente è lento, caciarone ma con un offertorio di monetine sempre a portata di mano e una conoscenza adeguata dello strumento tecnologico, che riduce la sua naturale bradipia giovanile. L'uomo in questione dietro di me apparteneva probabilmente alla categoria "in ritardo", a giudicare dall'elettricità statica che emanava dalla pelle, rendendolo simile ad una sfera al plasma. Purtroppo per lui, però, davanti aveva me, rappresentante della categoria "in anticipo" e, ancora peggio, la coppia che stava ormai litigando con il distributore, chiaramente appartenente alla categoria bonus degli imbranati. I due ragazzi stavano infatti tentando l'impresa più ardua che si possa affrontare in una stazione del treno: usare il bancomat al distributore. Nella mia lunga vita di viaggiatrice, ho visto molti tentare e fallire in questa utopica missione di trasportare il mondo ferroviario al XXI secolo.
D'altronde, se ci pensate bene, è di per sé anacronistico tentare di aggiornare una realtà di trasporto come questa, che non ha mai cambiato le sue logiche di movimento dal 1800. Comunque, anche i due novelli Giasoni davanti a me hanno tentato la sorte, sfidando il drago meccanico nel tentativo di conquistare il vello d'oro che gli avrebbe permesso il ritorno a casa, ma, come tutti gli altri prima di loro, hanno fallito miseramente, non però senza aver perso tonnellate di tempo nel tentativo di capire i vari come e perché. Ho notato che, quando le cose non vanno come vogliamo, ci piace improvvisarci filosofi, vai a sapere perché. Fatto sta che, mentre loro filosofeggiavano sui grandi interrogativi della vita e dei bancomat, il ritardatario dietro di me sbuffava come un torello, agitandosi sempre di più e iniziando ad accennare dei passi da tiptap sul posto. Dal canto mio, mi ero calata alla perfezione nel mio ruolo di viaggiatrice in anticipo, scribacchiando su WhatsApp e godendomi la scena. Finalmente i due imbranati hanno accettato l'inevitabile, ovvero che mai quella macchinetta avrebbe accettato una tavoletta di plastica come metodo di pagamento e, sgomenti e confusi, se ne sono andati. Era giunto il mio turno. Mentre iniziavo a fare il biglietto, il torello elettrostatico si è piazzato accanto a me, giusto un centimetro oltre la linea di confine del mio spazio personale e un passo prima del mio legittimo vaffanculo (gli spazi personali sono sacri, SACRI!). E da questo momento, è iniziato un piccolo saggio di danza non richiesto: Io indicavo la stazione di partenza, lui sbuffava, io segnalavo la classe in cui volevo viaggiare, lui trotterellava sul posto, io recuperavo la stazione di arrivo, lui si avvicinava di un millimetro per sottolineare la sua presenza (come se fosse necessario). Ammetto che a quel punto iniziavano a girarmi parecchio le scatole, primo perché quest'uomo era ad un tiro di schioppo dallo sconfinare nella mia zona di incontaminabilità, cosa che avrebbe reso lecito il suo abbattimento a colpi di pallettoni, secondo perché per tutto questo tempo si era improvvisato toro, ballerino di tiptap, sfera al plasma e invasore barbarico ma non gli era neanche venuto in mente di interpretare il ruolo del viaggiatore e chiedermi gentilmente di scavalcare la fila. Così, non solo ha rischiato di perdere il treno, ma si è anche lasciato sfuggire un'occasione di ricevere una carezza emotiva camuffata da gentilezza.
Il toro ha infatti voluto essere l'uomo che non deve chiedere mai e, diciamolo, il karma l'ha punito doppiamente per questa scelta. Infatti, casualmente, quel giorno non avevo moneta per pagare i miei miseri 2.50 €, quindi ho dovuto ricorrere alla banconota. Posso solo immaginare la faccia del toro quando mi ha visto sfilare 10 € dal portafogli. Immagino una scena al rallentatore, la mia mano che solleva una traumatica banconota ghignante, mentre gli occhi del toro strabuzzano di terrore davanti a quella Cassandra di carta che gli comunica il suo prossimo futuro di attese in stazione. Immagino la sua mandibola contrarsi mentre la banconota sparisce, risucchiata non senza fatica dal distributore, consapevole che si è solo all'inizio di questa odissea fatta di stampe e di resti. Ma mai quella mandibola avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe accaduto. Per la prima volta, in tutta la mia vita, la macchinetta si è trovata a corto di spicci proprio sugli ultimi cinquanta centesimi. Così, dopo avermi sganciato i primi 8 € in monete umanamente accettabili, ha sferrato il suo colpo, restituendomi gli ultimi cinquanta centesimi in una cascata di cinque centesimi. Praticamente, ha svaligiato un offertorio ecclesiastico! Io ero evidentemente divertita da questo tintinnare di monete che sembrava una pantomima di vincita alle slot, ma suppongo che il tizio accanto a me stesse ormai fumando di frustrazione. E la cosa non deve essere migliorata quando mi ha visto tuffare le mani nella taschina del resto pescando monete come un orso in caccia di salmoni. Ho dovuto raccattare dieci monete da cinque centesimi, tutto sotto gli occhi ormai scoppiati del toro in ritardo. Voi chiamatela pure casualità, io lo chiamo karma. Karma positivo per me, perché mi sono fatta due grasse risate interiori alla faccia sua, e karma negativo per lui, perché temo che alla fine, quel treno l'abbia irrimediabilmente perduto. Come Cassandra aveva previsto.
Duille


    

10 commenti:

  1. Ahahaha...ma sai che leggendo questo post mi è sembrato di essere lì a vivere la scena accanto a te!? Io adoro queste azioni del Karma...ogni tanto ci sta...e fa pure bene all'umore di chi assiste, un po' meno a chi subisce la catastrofe. :D
    Come sempre bravissima! Un abbraccio.

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    1. Grazie fanciulla! In effetti me la sono ghignata abbastanza, anche perché queste sono le classiche piccole sfortune che, a parte farti perdere un treno, non ti distruggono la vita. Quindi non mi sento neanche troppo in colpa a riderci su! :D

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    2. Ma noooo...cosa vuoi che sia. Avrà perso il treno. La sua perfetta moglie nella sua casa perfetta avrà bruciato l'arrosto, ma a parte questo che vuoi che succeda... ;)
      Bellissimo post!

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    3. Ahahahahahah! L'arrosto mi ha fatto morire dal ridere! Magari ha anche il grembiulino coordinato con i guantini (potrebbe esserci una puntina di invidia da parte mia riguardo al grembiule! 😉)

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  2. Ahahahah, fantastico! Quante scene simili ho vissuto negli anni da pendolare!! Trenitalia e il karma non perdonano mai, trovano sempre il modo di fartela pagare.

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    1. Quanto è vero! E quando non si accanisce contro di te non puoi proprio non giubilare! 😊

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  3. Ciao! Mi hai divertito tantissimo xD E pensare che sarebbe bastato chiederti gentilmente di lasciarlo passare avanti..e se poi tu, per girare il dito nella piaga, gli avessi risposto di no, ben gli stava! xD

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    1. Ma infatti! Io sono una personcina discretamente amabile, quindi lo avrei fatto passare immediatamente! E invece ha scelto l'opzione Micio Macho. Bah, io certa gente non la capisco proprio! :D

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  4. USARE IL BANCOMAT NELLE MACCHINETTE DELLE STAZIONI? Ah ah ah illusi.
    Mi hai fatto morir dalle risate :')

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    1. Esatto! Anche se tanti ci si mettono d'impegno e ci riescono! Strano, dato che le macchinette a volte schifano anche le banconote!!! :D

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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