domenica 18 febbraio 2018

Telefilm addicted #16: Britannia

Si può parlare di Britannia, la nuova serie tv fantasy-storica approdata sui nostri schermi a gennaio 2018, in due modi: come un prodotto a se stante o come tentativo di sostituirsi al suo cugino, più assurdamente famoso, Game of Thrones.
Se lo consideriamo come aspirante erede della nuova Zecca televisiva degli ultimi anni, Britannia sembra fallire ogni aspettativa, un po' come un fratello minore ribelle che non vuole seguire la ancestrale tradizione familiare di diventare avvocato, decidendo piuttosto di girare il mondo in compagnia di un cane pastore e un Narghilè. Se infatti cercherete recensioni di Britannia sul vasto mondo virtuale, troverete sempre la stessa cosa: Britannia non è Game of Thrones. Non ha quel gusto voyeuristico per il sesso selvaggio e il sangue a secchiate, non ha la stessa faraonica mole di personaggi, non ha la stessa complessità della trama né la raffinatezza dei costumi. Insomma, la bocciatura totale, senza neanche un rimandato a settembre. Ma io, unica creatura sulla terra insieme agli eremiti sulle montagne del Tibet, non ho ancora visto Game of Thrones. E questo mi permette di parlare di Britannia senza quella inutile aspettativa da tossico in crisi d'astinenza a cui si rifila lo zucchero invece della cocaina. Britannia, chiaramente, non è Game of Thrones, ma credo non voglia nemmeno esserlo. Detto questo, è davvero una serie da prendere e buttare nel camino per poi non parlarne mai più, come il più imbarazzante segreto di famiglia? Personalmente, non credo. Ma andiamo con ordine. Innanzi tutto, di cosa parla Britannia? Nata dalla collaborazione tra Sky e Amazon, la serie, che per ora consta di 1 stagione da 9 episodi, narra una versione fortemente (e, sottolineo, FORTEMENTE) romanzata dell'invasione, da parte dell'Impero Romano, della Gran Bretagna, nel 43 d.C. Come accennato prima, non aspettatevi una serie realistica, perché i riferimenti storici fungono esclusivamente da pretesto per contestualizzare una trama dai tratti fantasy e dalle atmosfere squisitamente celtiche. Quella che Britannia ci presenta, infatti, non è la storia di come Roma conquistò la Gran Bretagna, ma il classico scontro epico tra il Bene e il Male, tra l'equilibrio naturale e l'invasore assetato di potere. Ben presto si assiste ad uno scollamento radicale e sempre più definitivo dalla trama storica, di fronte all'avanzata prepotente di elementi magici, rappresentati da inquietanti druidi incartapecoriti che nulla hanno a che fare con il più noto e bonario Panoramix, da oscure profezie alla Harry Potter, da visioni psichedeliche che sconfinano nella tossicomania anni '70, da rituali elaborati che talvolta scomodano convenientemente anche i monumenti megalitici più suggestivi, e da una nomenclatura divina dei personaggi che scardina qualunque aderenza alla realtà per catapultare nel puro fantasy.
La serie, quindi, chiede allo spettatore una forte sospensione dell'incredulità, l'abbandono di ogni riferimento reale e di ogni scetticismo, per entrare in una dimensione onirica, mitologica e a tratti allucinatoria. In cambio, ci regala l'immersione totale più che nella cultura celtica, nell'atmosfera un po' ingenua del celtismo, nei suoi boschi verdissimi, nelle sue formule magiche sussurrate in gallese, nei capelli selvaggi e rosso fuoco di Kerra, la principessa dei Cantii, nei tatuaggi recanti profezie personali incisi sui visi e sui corpi dei protagonisti. Più che raccontare una storia, Britannia vuole suggestionarci, riuscendoci pienamente. Le inquadrature sono realizzate appositamente per esaltare i paesaggi del Galles e della Repubblica Ceca, per dare quel senso di contatto costante con la Natura, quell'intimo legame con la Madre Terra e le sue creature, rendendo così la visione suggestiva, maestosa, mozzafiato. I colori degli abiti e della fotografia sembrano sottolineare questa esigenza di fusione, puramente estetica, con l'ambiente, contribuendo ad immergerci in questo mondo privo di realismo ma estremamente affascinante. Altro punto di forza sono certamente la predominanza di personaggi femminili forti e carismatici, a partire dalla principessa Kerra, ribelle come lo fu Merida nel lungometraggio Disney che il personaggio sembra omaggiare almeno nell'aspetto, per continuare con la regina Antedia, magnifica nella sua bianca chioma vaporosa, che non si fa piegare nemmeno dall'invasore romano, per concludersi con la piccola Cait, incastrata, come nella celebre canzone di Britney Spears, tra il mondo dell'infanzia e il mondo, fin troppo duro, degli adulti.
Detto ciò quindi possiamo dire che Britannia soffra solo di un impietoso ed ingiusto paragone con il Trono di Spade? No. Purtroppo i suoi detrattori hanno parzialmente ragione. Britannia soffre effettivamente di una trama generale e di sottotrame poco incisive, a tratti caotiche negli intenti, con personaggi ben caratterizzati ma non sufficientemente approfonditi, verso i quali si prova simpatia ma di cui non si comprendono fino in fondo le motivazioni reali, a causa di uno scarso approfondimento delle loro storylines individuali, e a cui non ci si riesce a legare affettivamente, come invece accadeva nel caso di The Walking Dead e, suppongo, di Game of Thrones. Anche la scelta di inserire in una serie drammatica numerosi  e palesi comic reliefs, per quanto piacevoli, fa perdere di credibilità ad un prodotto che, per il massiccio uso di elementi magici, di per sé irrealistici, avrebbe dovuto investire molto di più su una struttura narrativa seria, così da permettere allo spettatore di fare quell'atto di fede necessario a dare definitiva vita all'alone magico del prodotto. Dando dei tratti fortemente comici a molti personaggi, e soprattutto ad uno dei protagonisti, il druido Divis, ci si ritrova spesso a mettere in dubbio la veridicità di quanto vediamo. Forse, se si fosse optato per un'ironia più sottile e celata, l'effetto di alleggerimento della componente drammatica sarebbe stato altrettanto efficace senza far perdere di spessore all'atmosfera generale. Infine, ahimè, una gravissima nota di demerito va alle colonne sonore che, per me, grandissima amante della musica celtica, sono state assolutamente insufficienti, dimenticabili e lontanissime dal mondo fantasy-celtico che si è così faticosamente cercato di ricostruire, a partire dalla sigla, tratta da un brano degli anni '60 dal sapore più indiano e beatlesiano che non celtico. Forse gli autori si sono fumati qualche erbetta insieme al druido Veran prima di scegliere le colonne sonore. Comunque una vera occasione sprecata.
Per tirare le somme, posso dire che Britannia non è sicuramente un capolavoro ma nemmeno un prodotto scadente, è godibilissimo, soprattutto per chi ama il mondo fantasy e quello celtico, ha atmosfere molto suggestive che da sole valgono tutto il prodotto e intrattiene moltissimo. Se Britannia non aspira a raccontare nulla di vero, e di certo non potrà essere usato come riferimento storico per una partita di Trivial Pursuit, riesce però a rendersi credibile grazie alla sua capacità di incantare,  suggestionare e rapire l'immaginazione, spingendo lo spettatore a voler tornare ancora, ancora e ancora in quel mondo magico che profuma di muschio e di corteccia. E per un fantasy, questo viene prima di tutto.
Duille



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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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