domenica 15 luglio 2018

Vento

Ho sempre avuto un rapporto speciale con il vento. E' sempre stato il mio più fedele amico, non mi ha mai tradita né delusa. E' sempre arrivato nel momento giusto, anche quando tagliava il viso con le sue frustate polari, anche quando congelava le ossa fino al punto che si sarebbero potute spezzare e irrigidiva il corpo fino a renderlo una scheggia di vetro persa da qualche finestra. 
Il vento mi ha raccolta quando ero abbandonata sul ciglio di una strada, mi ha strappata a pensieri troppo torbidi in cui stavo annegando, è arrivato impetuoso a farmi perdere l'equilibrio e a farmi cadere tutti i sassi che mi trascinavo sulle braccia. Ogni volta ruzzolavano sull'asfalto, come biglie grigie, rotolando imbronciate seguendo le pendenze della strada o restando lì sul posto, come punti alla fine di una frase. Forse dichiaravano qualcosa, ma il vento non mi dava il tempo di pensarci troppo perché mi saltava in braccio, premeva la testa sulla pancia per farmela sentire e spingeva le mani sulla schiena per indurmi ad andare oltre, a guardare sopra l'asfalto, verso la mia direzione e puntando gli occhi sul presente. A volte arrivava improvvisamente, togliendomi il fiato come un abbraccio dato di slancio e poi mi stava accanto, soffiandomi sulle guance, riempiendomi la bocca di sapore di menta e fiori di campo, o di ghiaccio e neve fresca appena caduta su qualche montagna lontana, o ancora di pioggia piovuta in una pineta remota. Ogni volta mi ha restituita a me stessa con dolcezza, intensità e garbo. Il vento ha qualcosa di magico, di benefico, come un'ora passata a guardare la marea su una spiaggia deserta, con la sola compagnia dei gabbiani. Se lo si sa ascoltare nel suo inusuale gesto terapeutico, se lo si lascia entrare, il vento sarà anche in grado di salvare ciò che si pensava insalvabile. Così è stato per me, così è per me ogni volta. Ad ogni suo arrivo, io spalanco i pori, apro le imposte e chiudo gli occhi, lasciando che mi dica tutto e mi avvolga come una canzone senza note, per ricordarmi quello che ho dimenticato. Il vento però è impetuoso e bisogna concedergli di spettinarci, di invaderci, di trotterellarci intorno e addosso, di strofinarsi sulle sguance e di pasticciarci. Perché funzioni, devo lasciare andare ogni difesa, ogni ordine, ogni preconcetto, devo aprire tutti i cassetti e lasciare che entri in ogni stanza, facendo volare le carte, scompaginando le pagine del mio romanzo. E' così che opera, che trasforma e rivitalizza. Il vento mi disordina i capelli, facendoli diventare sottilissimi fili di cotone o trasformandoli in ragnatele accoccolate sui raggi del sole e nidi di cuculo pronti per essere deposti su un ramo di mandorlo. Quando ho bisogno di aria nelle mani, lui si intreccia alle dita, portando negli spazi tra le falangi luoghi infiniti da passare intorno agli indici, ai polli, agli anulari, come anelli fatti con gambi di margherite, e le molecole d'aria si rincorrono tra i polpastrelli, solleticandoli, come spighe di grano o come le gonne delle bambine che, passando, sfiorano le gambe. Quando sono rannicchiata in me stessa, completamente attorcigliata intorno ad un ematoma, il vento mi bacia i palmi, aprendoli come primule in primavera, trasformando il pugno contratto di emozioni in stella marina, aiutando la mano a lasciare andare quello che trattiene così caparbiamente e aprendola all'accoglienza di qualcosa di nuovo e leggero, come un palloncino pieno di elio, o una foglia donata benevolmente da qualche faggio, da custodire come un segno di fortuna o come un prezioso tesoro, per l'eternità di quella foglia, fino a quando arrossirà, imbrunirà e, alla fine, diventerà pergamena antica, fragilissima, come il ricordo di quel primo contatto. 
Quando sono sorda a tutto tranne che ai miei singhiozzi e alle mie urla di rabbia, il vento mi sussurra le sue parole rinfrescanti nelle orecchie, smuovendo tutti gli ossicini, e soffia dentro pascoli di montagna, campanacci di mucche, sguazzi di ruscelli su ciottoli di vecchie frane e nuvole bianchissime che per divertimento imitano le pecore sotto di loro. Se sono troppo piena, il vento mi ricorda che c'è ancora spazio e mi riempie d'aria, mi gonfia come una vela maestra rimasta troppo tempo abbassata, mi stende come un vecchio pezzo di carta, scartocciandomi e ritrovando le parole che si erano increspate e accroccate fino a diventare una fisarmonica di piani collassati e privi di senso. Quando il viso si coagula al centro, spaventato che possa sfuggire qualcosa dai bordi, l'aria mi stira le pieghe e mette essenza di camomilla sugli occhi gonfi di troppi vissuti, stende la fronte carica di pensieri e riempie la testa di profumo d'acqua e di accordi di chitarra suonati senza fretta, per il gusto di sentire ogni singola nota e ogni vibrazione di corda. Solo il vento riesce a regalarmi tutto questo: può disossarmi, sfilarmi i nervi dalla punta delle dita, trasformare i rami nodosi delle mani in alghe di fiume, che ondeggiano sinuose seguendo la melodia dell'acqua. Il vento riesce a svuotarmi come una conchiglia e riempirmi di nuovi suoni, di sorrisi, di voglia di correre. Solo l'aria che mi investe come una promessa mantenuta mi può spingere a srotolarmi come un ricciolo e a protendermi verso l'alto, occupando lo spazio che mi serve, cercando di toccare il cielo con tutte le dita, facendo sì che anche la più piccola cellula di me si apra a fiore in un unico, ampio sospiro di sollievo. Forse potrei addirittura crescere, in quei momenti, diventare più alta, più ampia, più piena di profumi e suoni, di silenzi e vuoti. Il vento ha questo potere, ha questa carica vitale che invade tutto e pulisce, come una cascata di risate o la prima giornata di sole primaverile. Schiude il sorriso come un uovo di passero e apre lo sguardo restituendogli i colori, le forme, le sfumature. Il vento, se lo si lascia parlare, raccoglie quello che si è perso per strada e lo rimette al suo posto. Passando nel vento, attraversandolo, perdo le pietre, una per una, le lascio cadere con tonfi secchi e punteggiare il mio sentiero come macchie di dalmata, e rimetto negli spazi vuoti del mio corpo lo stupore, il tempo, il desiderio, la gioia irrefrenabile, la creatività, come pezzi di puzzle che non sapevo di aver fatto cadere. E alla fine, dopo questa passeggiata mano nella mano con lui, il vento mi lascia leggera e viva, distesa come un campo di papaveri e forte come una quercia secolare carica di ghiande. 

E non boccheggio più. 

Respiro.
Duille


2 commenti:

  1. Ed io resto senza fiato, dopo la lettura di questo post, che ho letto quasi trattenendo il respiro, perché non potevo né volevo permettere che qualsiasi cosa interrompesse l'incantesimo, perché di questo si tratta: incanto.
    Due momenti in particolare mi hanno emozionata. Questo: "A volte arrivava improvvisamente, togliendomi il fiato come un abbraccio dato di slancio e poi mi stava accanto, soffiandomi sulle guance, riempiendomi la bocca di sapore di menta e fiori di campo, o di ghiaccio e neve fresca appena caduta su qualche montagna lontana, o ancora di pioggia piovuta in una pineta remota."
    E questo: "Quando sono rannicchiata in me stessa, completamente attorcigliata intorno ad un ematoma, il vento mi bacia i palmi, aprendoli come primule in primavera, trasformando il pugno contratto di emozioni in stella marina, aiutando la mano a lasciare andare quello che trattiene così caparbiamente e aprendola all'accoglienza di qualcosa di nuovo e leggero, come un palloncino pieno di elio, o una foglia donata benevolmente da qualche faggio"
    Che scrivi divinamente si sa già, ma ci sono quelle volte in cui quello che hai dentro si trasforma in parole con maggior prepotenza, e questa è una di quelle volte. Si inizia a leggere, ed ecco che improvvisamente dallo schermo pian piano esci tu, in tutto ciò che sei, e si ha la sensazione di percepirti, di vederti, a colori, in 3D, in carne ed ossa. E lasciamelo dire: non si può non pensare che tu sia bellissima ed immensa. Una montagna, pur con le sue ammaccature, che nonostante tutto è capace di sopportare anche i venti più tempestosi.
    Questo tuo post mi ha attraversata un po' come tu ti senti attraversare dal vento, e non posso non ringraziarti per questo momento così poetico.
    Ti mando un abbraccio, di quelli inaspettati e con lo slancio.

    P/s: sono felice che tu stia respirando (:

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    1. Julia, mi hai riempita di emozioni meglio di un vasetto di marmellata appena fatto! Non posso dire altro che grazie per le tue parole preziose come diamanti, per il volermele sempre donare così generosamente e per vedere nella mia scrittura quella luce che spesso io non vedo… sei una persona speciale e magica e ringrazio sempre blogger per averci fatto incontrare! <3

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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