domenica 7 ottobre 2018

Tombini, gondolieri e scarpe di vernice.

Giovedì stavo uscendo dal supermercato e, a dirla tutta, da una giornata frenetica, con un pollo fumante nella busta e la stanchezza nelle tasche, pronta a chiudermi in casa e avvolgermi nel pigiama più brutto, sformato e, per questo, più accogliente che avevo. Ero tutta intenta a pregustarmi questa esplosione di sensi, quando sono incappata nella coppia più improbabile che potessi incontrare all'uscita di un supermercato. 
Un uomo di mezza età, un po' stempiato e rotondetto, con indosso una di quelle tute da lavoro che ricordano contemporaneamente le tutine dei neonati e la lingerie maschile dei film western, si accompagnava al suo opposto, uno spilungone molto più giovane, la cui fisicità asciutta da chi non ha mai toccato un carboidrato era perfettamente valorizzata da un completo giacca e cravatta che si dava arie di importanza e scarpe di vernice così lucide che ci si sarebbe potuti specchiare. Era così tanto curato, lo spilungone, che scommetto aveva anche i capelli alla campo da golf, tutti tagliati esattamente alla stessa altezza. Praticamente, avevo di fronte due stilemi della società moderna, una versione contemporanea degli esponenti dei tre stati francesi pre-rivoluzione. La cosa, diciamocelo francamente, non avrebbe suscitato più di un'occhiata curiosa in me e nel mio pollo, se non fosse che, ampliando lo scenario, la situazione si faceva alquanto bizzarra. Scarpe di vernice infatti era piegato in avanti in un esemplare angolo ottuso che avrebbe fatto la gioia degli insegnanti di geometria e stava tenendo il cellulare a mo' di torcia, cercando di facilitare la vista al suo compare di avventure, che invece aveva scelto di accessoriarsi con una lancia di plastica bianchissima, una versione povera del bastone di Gandalf il Bianco, la cui estremità superiore dondolava felicemente a pochi centimetri di distanza dal tetto del parcheggio, mentre l'estremità inferiore ravanava con entusiasmo da cercatore d'oro dentro un tombino aperto, da cui faceva uscire irriconoscibili creature che un tempo, forse, furono carte e altri oggetti adibiti al consumo umano, ma che adesso avevano la consistenza ed il colore di una fanghiglia catramosa e dalle aspirazioni petrolifere. Una volta ancorati gli occhi su quei due gondolieri delle fognature, la mente ha iniziato a costruire interi romanzi di supposizioni circa i motivi per cui due persone così diverse potessero avere interesse a scoprire i segreti, che tali sarebbe meglio restassero, degli scarichi milanesi (It insegna, d'altronde). 
Alla fine, l'ipotesi più plausibile sembrava essere il vecchio classico, l'evergreen urbano del cittadino medio: la caduta di un oggetto prezioso nel tombino ad opera dell'incubo di ogni attraversatore di grate, portatore di occhiali e frequentatore di ascensori, cioè la forza di gravità. E doveva trattarsi di un oggetto di importanza capitale, per restare lì a cercare di recuperarlo nel parcheggio di un supermercato di periferia in un giovedì sera. Quindi mi sono sentita di depennare dalla lista l'intera gamma di oggetti dal sostanzioso valore economico. No, qui sembrava essere una questione di sopravvivenza, del tipo che senza quell'oggetto il ritorno alla tana veniva pregiudicato. Niente anelli preziosi sfilatisi come l'Anello del potere di Sauron dalle dita del povero Smeagol, e nemmeno l'orologio d'oro ereditato dal nonno a cui si era tanto affezionati sganciatosi dal polso in un'evasione alla Prison Break. Mi sento anche di escludere con abbastanza sicurezza il potenziale fazzoletto in cui una ragazza particolarmente carina aveva scritto il suo numero di telefono. Direi che la cosa più plausibile è che Scarpe di Vernice avesse perso delle chiavi. E più precisamente, il mio occhio clinico, allenato da anni di partite di Cluedo e da un'infanzia passata a guardare il tenente Colombo, optava per le chiavi della macchina che, si sa, stanno al ritorno a casa come il Martini alla realizzabilità di un party. Probabilità di ritrovare le chiavi in quel liquame? Scarse. E si riducevano ulteriormente se consideriamo che il palo da gondoliere in saldo non aveva neanche un retino, il che rendeva il recupero del malloppo (o del maltolto) ancora più improbabile, al punto che si sarebbe potuto coniare un nuovo modo di dire da affiancare al più scontato "ago nel pagliaio" ("è come trovare delle chiavi in un tombino usando solo un palo da gondoliere"). E sinceramente, non sapevo se augurare a Scarpe di Vernice di recuperare il suo tesoro perché penso che, se ne fossero uscite vive, quelle chiavi avrebbero avuto bisogno di un paio di giorni di bollitura nella candeggina e comunque probabilmente sarebbero tornate alla luce portandosi dietro intere famiglie di ratti pronte a far valere i diritti sul detto "chi trova tiene, chi perde piange". Quindi forse era meglio investire quel tempo in una proficua chiamata a parenti e/o amici che potessero aiutarlo a tornare a casa, piuttosto che rischiare l'ebola rimestando in quella riedizione delle Paludi di Mordor. 
Una volta fatte queste constatazioni, ed aver fatto il mio lavoro di essere umano dispiacendomi per i due malcapitati (perché anche Tuta da Lavoro meritava una menzione d'onore per essersi trovato in quella fangosa situazione con la paga da fame che sicuramente gli davano), mi sono concessa un momento di sano ed egoistico divertissement davanti a quello spettacolo di malasorte, crogiolandomi nella fortuna di essere solo spettatrice fugace di quel dramma in cinque atti, mentre anche il mio pollo già cotto stava rivedendo la sua posizione svantaggiosa in confronto a quella dei due improbabili protagonisti di questa storia. L'azione successiva è stata quella di dedicarmi al carico delle vettovaglie nella macchina, non dimenticando però di regalare uno sguardo particolarmente innamorato alle mie chiavi così fedeli al loro padrone. Alla fine, prima di partire, mi sono concessa un ultimo sguardo di commiato ai due Stanlio ed Ollio di turno e ho trovato l'ennesima sorpresa: Tuta da Lavoro era sparito dalla scena, forse stufo di rimestare inutilmente nella fognatura, e Scarpe di Vernice aveva preso il suo posto, mettendoci tutta la buona lena data dalla disperazione e da un probabile abbonamento annuo alla palestra. Eccolo lì quindi, nel suo completo perfetto, un piede nella sua signorile scarpa stringata davanti all'altro, che si immedesimava nel contadino che solleva la terra, raspando, divellendo il terreno molle su cui non batte mai il sole, e invocando il miracolo che, se la realtà non è un opinione, probabilmente non sarebbe mi arrivato. Il protagonista perfetto di una canzone blues, insomma. Alla fine di questa storia, devo dirvi che non so se Scarpe di Vernice sia riuscito a recuperare le sue chiavi o se sia rimasto a pernottare nel parcheggio coperto del supermercato, saltando da un'interpretazione all'altra di tutti i ruoli più umili della società, perché alla fin della fiera io avevo un pollo da mangiare e, sinceramente, le mie aspirazioni da narratrice non erano così solide da superare le prospettive di una serata in pigiama. Quello che è certo è che da tutta questa storia mi è arrivato un grande insegnamento, che ho racchiuso nel primo proverbio duilliano: quando pensi di essere messa male, ricordati sempre che, da qualche parte, nel mondo, c'è qualcuno che sta tirando giù i santi dal calendario rovistando in un tombino alla ricerca delle sue chiavi. Taoisti, fate largo al maestro.

Duille


2 commenti:

  1. Non è che puoi scrivere il seguito? Scarpe di Vernice ha trovato le chiavi? E se in realtà non stava cercando le chiavi, ma ... La fede? Ma soprattutto, com'era il pollo?
    Sento che questi interrogativi non mi faranno dormire questa notte.

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    1. Purtroppo sui primi due non potrò darti risposte certe, ma quando sono tornata allo stesso supermercato, diversi giorni dopo, Scarpe di Vernice non c'era più, quindi voglio sperare che abbia trovato ciò che cercava o che, alla fine, abbia capito che la vita è breve e che spenderne una fetta consistente a raspare un tombino era un po' uno spreco. Una cosa però posso dirtela: il pollo era davvero molto buono! XD

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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