domenica 3 febbraio 2019

La neve a Milano

La vita a Milano ha qualcosa di bipolare, nel senso psichiatrico del termine, perché è scandita da due stati umorali costanti: da un lato la mania, l'esaltazione superomistica che sfocia velocemente anche nella spavalderia e nell'aggressività arrogante che tutti quelli che arrivano da fuori conoscono molto bene; dall'altro, una depressione strisciante che compare ogni qual volta che questa macchina perfettamente oliata trova un punticino di ruggine. 
Queste due polarità si alternano con la velocità con cui compare un attacco di allergia: un momento prima stai una favola, tipo capriolo di montagna, ed un secondo dopo sei un rubinetto che perde passato sotto le mani di un'ortica particolarmente effusiva. E la situazione si fa endemica davanti a qualsiasi evento climatico che implichi l'intervento dell'acqua. Non so se siamo una popolazione di streghe dell'Ovest in incognito, ma alla vista di una goccia di pioggia, o peggio, della neve, il panico inizia a serpeggiare tra le truppe come se si fosse annunciata una pioggia acida arrivata direttamente da Chernobyl. Recentemente, lo spettro della neve ha rifatto capolino nella nostra vita di cittadini ligi e incravattati, come un fantasma dickensiano in Canto di Natale, dando prova di essere ancora abbastanza in forma da sconvolgere l'ordine naturale del milanese imbruttito. Già alla comparsa del simboletto fioccoso sulle previsioni del tempo, il sudore ha iniziato a scendere dalle fronti dei milanesi. I telegiornali hanno parlato dell'imminenza della neve con la stessa gravità con cui i cristiani affrontarono l'avvento dell'anno 1000, con presentatori dalla pelle tiratissima, neanche stessero annunciando lo sconfinamento di Attila attraverso le Alpi. Tutte le conversazioni delle persone in età lavorativa, dal fruttivendolo del mercato rionale al banchiere con la ventiquattrore, si sono monotematizzate sulla neve, sui disagi causati dalla neve, sugli improperi rivolti alla neve e sull'impreparazione dei servizi comunali di fronte alla neve(se non altro, la neve ha provveduto a spunti inesauribili di conversazione dal sapore egalitario). I familiari hanno iniziato a salutarsi tra loro con il pathos di chi stava per subire un'operazione chirurgica a cuore aperto e con strumenti medici del primo Novecento e le autorità hanno allertato la Protezione Civile, i negozianti affinché non fossero avari di sale sui marciapiedi, la Madonna, Tempesta degli X-Men e qualsiasi divinità pagana trovata negli annali storici e che avesse anche una lontana parentela con i fenomeni meteorologici. In momenti di grande crisi, il milanese ci insegna che tutto fa brodo e che non esiste monoteismo che tenga. Avrebbero venduto anche la loro anima al Demonio, se avesse garantito loro l'annullamento dell'avvento nevoso. In generale comunque, nei giorni precedenti alla grande ecatombe, sulla città è scesa una cappa di frustrazione, dolore esistenziale ed incarognimento preventivo (data l'imminenza della battaglia) che ha ricreato la festosa atmosfera emotiva del più puro Black Friday targato USA (fa-la-la-la-la-la-la-la-la). In quei giorni, vi assicuro, mancavano solo i comizi dei fondamentalisti religiosi che inneggiavano alla punizione divina dagli angoli delle strade e la gente che intasava i supermercati litigandosi l'ultima lattina di fagioli in scatola. 
Questo primo atteggiamento, di tipo depressivo, si è poi scontrato con il lato maniacale del Milanese D.O.C. o di adozione (perché, in quanto a nevrosi, Milano è molto inclusiva). Infatti il Milanese, per quanto consapevole delle sette piaghe d'Egitto che si abbatteranno su di lui di lì a poco, da sempre rifiuta maniacalmente la resa. Come Boromir inforchettato da decine di frecce ha continuato a combattere durante la battaglia di Amon Hen, così il milanese, anche di fronte alla possibilità di trovarsi ad affrontare 6 metri di neve, strade trasformate in piste di pattinaggio e la necessità di fabbricare al volo una slitta trainata da barboncini, chihuahua, alani usciti direttamente dai quadri di Dalì e, se si è fortunati, da un Golden Retriever di passaggio, affronterà la giornata nevosa con lo stesso snobismo degli altri giorni. Potete scommetterci la nonna con tutta l'argenteria di famiglia che, anche di fronte alla tempesta di neve più scenografica della storia, le scuole saranno aperte, al lavoro ci si andrà comunque e in generale la vita della città continuerà testardamente come se in cielo ci fosse il sole più audace che si possa trovare. Il superuomo milanese non si piega a quisquilie come il tempo, lui è di Milano, santo Cielo, ha affrontato l'Expo, la visita del Papa e tutti i cantieri ingorga-traffico per la costruzione della metropolitana che spuntavano come funghi al primo battito di palpebre! Se un Milanese trova un cadavere per strada, per esempio, lo scansa, chiama i carabinieri e poi prosegue diritto verso il lavoro con l'imperturbabilità della formica laboriosa. Non ha tempo per le sciocchezze, s'ha da lavorà! Morale della favola, il giorno della Grande Nevicata, la città si è ritrovata in un prevedibile caos indicibile, con le due polarità depressive e maniacali che primeggiavano l'una sull'altra negli abitacoli delle macchine in coda, nelle fermate dei trami straripanti di pinguini intirizziti a cui mancava solo la voce fuori campo di Fiorello, nei plotoni di ombrelli che si sfidavano a gomitate selvagge sui marciapiedi e negli sguardi dei guidatori ai limiti del crollo nevrotico dopo ore di fila per le strade, che alternavano invettive sempre più accorate e colorite a momenti di tristezza profondissima di fronte alla consapevolezza di avere tante possibilità di arrivare in orario sul posto di lavoro quante ne ebbe Colombo di sbarcare in India circumnavigando il globo. E tutto questo avveniva mentre dal cielo cadeva la più blanda delle nevi, di quelle che fai fatica a capire se sia neve o una barzelletta poco divertente inventata della pioggia. La Grande Nevicata si è rivelata essere un nulla di fatto, poco meno di una spolverata di zucchero a velo sul pandoro, ma che è comunque riuscita a spezzare la tempra d'acciaio del milanese imbruttito. Come sempre, d'altronde. 

Duille

1 commento:

  1. Da fidanzata convivente di un milanese ex imbruttito, e da frequentatrice occasionale della City, mi son gustata questo tuo post sogghignando sotto i baffi. I milanesi sono effettivamente delle creature complesse, affascinanti da osservare ed interpretare. Qui nei miei dintorni, quando nevica, si è sempre fermato tutto o almeno buona parte delle attività, perché in effetti la neve è così rara che non si è per nulla organizzati ed il pericolo sulle strade sarebbe reale. Ma basta molto meno per mandare la capitale nel panico: vedessi com'è la situazione quando c'è pioggia abbondante... Comunque sia, quando nevica io non vedo alcun disagio, solo la bellezza dei paesaggi solitamente molto meno poetici, la gioia di passeggiare tra una nevicata e l'altra, e il senso di calore nel ritirarsi poi in casa a sorseggiare qualcosa di caldo. So che tu condividi con me queste emozioni, perciò immagino che anche tu, di fronte all'esasperazione dell'umanità per una cosa così innocua e così bella come la neve, non puoi far a meno di sorridere e compatirli serenamente.

    Bellissimo post anche stavolta, adoro sempre i tuoi riferimenti pop!

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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