domenica 8 settembre 2019

Assaggi #5 : L'altra Marilyn

Circa un mesetto fa, mentre praticavo lo sport in cui riesco meglio in assoluto (lo zapping agonistico sul divano), sono incappata in un film su Marilyn Monroe ("Marilyn", appunto) che mi ha catturata subito, perché racchiudeva nella sua patinata pellicola due cose che mi piacciono moltissimo, ovvero
 A. elementi biografici e 
B. approfondimenti psicologici. 
Il film, per chi non l'avesse visto, racconta della settimana cui Marilyn, già famosissima, volò in Gran Bretagna per recitare nel film Il Principe e la Ballerina. In realtà questo spaccato temporale diventa il pretesto per indagare sulla tormentata personalità di Marilyn, di cui, personalmente, non sapevo assolutamente nulla, a parte il fatto che aveva avuto una brutta infanzia e non era proprio un modello di virtù sul set. Ma quei 96 minuti di pellicola sono bastati ad accendere il mio lato da delfino curioso con occhialetti freudiani (lo so, che accoppiata improbabile). 
La domanda che mi sono posta, quindi, è stata la seguente: ma qualcuno avrà cercato di fare il profilo psicologico a questa povera creatura piagata apparentemente da ogni sorta di disturbo psicopatologico? E se sì, esistono libri a riguardo? Da qui segue
1. ricerca febbrile sull'internet di informazioni a riguardo, neanche ne andasse della mia vita,
2. scoperta sconcertante della mole antonelliana di libri esistenti sull'argomenti, tali da poter riempire comodamente la biblioteca della Bestia,
3. attivazione dei miei superpoteri di ex studentessa di psicologia al fine di scandagliare questo oceano di testi alla ricerca del volume che, a mio avviso, sembrava più affidabile, 4. approdo sull'isola felice del testo di cui parliamo oggi, grazie al mio pusher di fiducia, la biblioteca. Il saggio che vi propongo oggi è l'Altra Marilyn, scritto a quattro mani dalla psichiatra Liliana dell'Osso e dallo psicoterapeuta Riccardo Dalle Luche, uniti in un sodalizio lavorativo dai cognomi infiniti. Il saggio ha due pregi fondamentali: primo, è organizzato come un manuale, il che significa che è schematico (ma non sbrigativo), organizzato (ma non rigidamente), esplicativo (senza ridursi al semplicismo superficiale di certi testi), approfondito (senza eccedere) e sequenziale (senza rinunciare alle meritate pause caffè riflessive). Secondo, si propone di rivolgersi a lettori non addetti ai lavori, cioè a tutti coloro che di psicologia ne sanno quanto basta per sapere socraticamente di non saperne nulla. E lo so che spesso, parlando di saggi, queste promesse si rivelano fin troppo simili ai buoni propositi per l'anno nuovo snocciolati con finta convinzione a Capodanno, finendo così col trovarsi tra le mani libri che sembrano scritti in ostrogoto mischiato con la lingua farfallina, ma in questo caso gli autori hanno fatto bene i compiti e hanno seguito questo faro luminoso fino all'ultima pagina, sforzandosi ampiamente di semplificare il linguaggio senza impoverirlo e trattando il lettore come un non esperto e non come un bimbo di quattro anni a cui si stanno insegnando i rudimenti del vasino. Il risultato è un bel manualetto chiaro, interessante e approfondito, in cui si analizza l'intera psicopatologia di Marilyn Monroe partendo dalla sua biografia, compresa la storia familiare, analizzando le perizie dei numerosissimi analisti che l'hanno presa in carico (una fra tutte, Anna Freud) e ricostruendo da queste evidenze l'ipotesi diagnostica su cui si poggia l'intera seconda metà del volume, ovvero una diagnosi di disturbo borderline a spettro autistico. La cosa sicuramente più interessante di questo testo è l'approccio estremamente metodico del saggio, che può essere considerato un esercizio diagnostico, una simulazione che si rivelerà molto interessante per coloro che vogliono sapere come ci si muova effettivamente nel processo analitico e diagnostico e che vede nell'anamnesi il punto di partenza per la ricostruzione della storia psicopatologica del paziente e nella esplicitazione delle motivazioni che soggiacciono all'ipotesi diagnostica il verso segno della validità del lavoro. Che è come dire, niente illazioni alla Vanna Marchi qui. 
Marilyn viene qui trattata come una paziente, ne vengono individuate le caratteristiche patologiche tipiche del disturbo borderline, come l'oscillazione velocissima tra idealizzazione e svalutazione delle persone a lei care, la dipendenza dall'opinione degli altri, veri e propri Io ausiliari per l'attrice, ma soprattutto la maschera Marilyn, a cui Norma Jean, vero nome dell'attrice, si identifica adesivamente per dare senso ad un vuoto identitario incolmabile e che si manifesta , in tutta la sua distruttiva profondità, nella vita privata dell'attrice, esponendola a continui vissuti di abbandono, reali o presunti, e al bisogni di cercare un costante ottundimento in varie forme di dipendenza (alcol, farmaci, relazioni, telefono). Marilyn è un doppio privo di nucleo, è la donna sicura di sé, evidentemente consapevole della sua prorompente sessualità che non esita ad esibire, e contemporaneamente è anche la persona insicura, rimuginativa, che vorrebbe tanto diventare una vera attrice, pur non avendo un vero talento per esserlo completamente. E questo perché la maschera Marilyn, come ci dicono gli autori, non può mai essere sostituita con un'altra maschera recitativa, perché dietro ad essa c'è il vuoto terrificante, un vuoto che l'attrice cercherà di colmare in ogni modo, per essere più dell'icona in cui è e sarà per sempre intrappolata. L'analisi della paziente Marilyn verrà considerata con lo sguardo clinico e privo di giudizio degli autori, che ne rivelano tutta l'umanità e la complessità, ne fanno emergere luci e ombre, comprovando tutto con il riferimento alla benedetta corposissima bibliografia a fine volume. Ultima chicca da non sottovalutare è poi l'album fotografico a fine opera, utile compendio visivo alla narrazione del saggio. Naturalmente non si tratta di un lavoro perfetto: le note a piè di pagina a volte si rivelano solo prolissi approfondimenti che sembrano più uno sfoggio di cultura che un reale ampliamento  del discorso, e il taglio psichiatrico spesso prende il sopravvento su quello psicoterapeutico, rendendo il tutto un po' troppo asettico e un filo ambulatoriale. Inoltre, per quanto ci sia un forte tentativo di snellire il linguaggio per renderlo più fruibile al lettore, non sempre questo tentativo arriva ad avere successo, cadendo in qualche tecnicismo di troppo che si poteva evitare. Ma si tratta di casi isolati che si possono tranquillamente superare con un bel "boh" privo di conseguenze. In conclusione, l'Altra Marilyn si rivela essere un libro ben studiato, approfondito, ampiamente documentato, che non dimentica mai il target di destinazione e che si sforza di alleggerire il linguaggio sfruttando metafore, esemplificazioni, ripetizioni e prendendosi il tempo per spiegare i concetti più difficili senza darli per scontati. Consigliatissimo a coloro che vogliono scoprire come si fa diagnosi, agli appassionati di Marilyn e agli addetti ai lavori interessati ad un profilo clinico che si rivelerà roba da leccarsi i baffi. 
Duille


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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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