domenica 6 ottobre 2019

I sensi dello scrivere: un incantesimo alchemico

Quanti significati ha l'atto di scrivere? Milioni, suppongo, quanto il numero di aghi su un pino e tanti quante sono le persone che posano una penna sulla carta per la prima o per l'ennesima volta. Uno di questi significati è che scrivere è come costruire uno scudo di parole.
Ci si protegge dietro una fila ordinata di sillabe e lettere scelte accuratamente per risplendere come porporina sulla pelle, ci si nasconde dietro una sequenza di pensieri incatenati e cuciti tra loro come i punti di un lavoro a maglia. Sono formule magiche che ci danno il potere di quanto dire ma, soprattutto, di come dire. Ci camuffano come un mantello dell'invisibilità e proteggono le nostre parti molli come un'armatura. Dietro le parole, scompariamo per quello che siamo convinti di essere, e diventiamo forza in potenziale, fuoco d'artificio, vento leggero, profumo di salsedine. La scrittura ci tutela privandoci del corpo e restituendoci essenza. Le lettere sciolgono i nostri nodi come pettini, ci levigano come le correnti di un fiume, lasciandoci tondi come pesche. Quando si scrive, le parole possono svuotarsi come secchielli, diventando suoni e spazi da riempire di senso, oppure possono richiudersi in se stesse, come pistacchi non tostati, di cui si può sentire solo l'aroma. Altre volte, le parole potranno sparpagliarsi come una cartina stradale, rivelando ogni carreggiata, ogni vicolo cieco, ogni sentiero sepolto nel sottobosco. Starà a chi scrive decidere quanto aprire e quanto chiudere, come un cielo di ottobre inondato di nuvole. Sembra tutto racchiuso nel potere di una mano, un intero universo concentrato sulla punta scorrevole di una penna, come un caleidoscopio. Ma in fondo, lo scrivere è un controsenso perché mentre ci fa da scudo, ci apre come un fico maturo, mostrando la polpa morbida, stillandone il latte bianchissimo e denso, esponendo i contrasti cromatici del nostro confuso mondo interiore.
Ci tira fuori tutto, ci sparge sul tavolo, cosicché sia tutto visibile e poi, una sillaba alla volta, ci raccoglie di nuovo in piccole capsule fatte di lettere e ci dà un senso che credevamo di non sapere, ma che è sempre stato lì. A volte è brutale, la scrittura, e per arrivare in fondo deve scavare fin nelle viscere, farsi strada nell'adipe, spostare i muscoli tesi e sfilare gli intestini arrotolati come bisce nella loro tana. Bisogna conoscersi profondamente perché la protezione sia efficace. E' il patto di questa formula magica. Come un incantesimo alchemico: dare qualcosa per ricevere qualcosa. Scrivere è una magia che richiede un sacrificio di sangue, domanda l'ascolto delle campane interne che suonano a lutto, il camminare nei nostri campi morti e nei cimiteri infestati dai fantasmi, ci chiede di parlare con loro, guardare nelle loro orbite e vederci riflessi in quel buio. Ci chiede di avvicinarci al fuoco fin quasi a bruciarci, perchè per poter arrivare all'alba si devono affrontare anche tutti i rintocchi della notte. In cambio però ci regalerà un contenitore nuovo ed ordinato in cui trasformare questo tumulto indifferenziato in una forza motrice, in un jinn addomesticato che ci renderà capaci di raccontarci ad armi pari con i mostri interiori e con il mondo là fuori, spesso troppo occupato a giudicare per mettersi davvero ad ascoltare. Scrivere può proteggerci, quindi, ma solo lacerandoci, solo aprendoci come una noce per osservare il nostro gheriglio arricciato in crinoline legnose. A volte potrà sembrare che scrivere ci corroda o ci sfili i pensieri dalla gola come un filo di nylon. Altre volte ci bacerà le ginocchia sbucciate e passerà le sue dita morbide sulle guance arrossate di lacrime. Spesso farà entrambe le cose. Ma così facendo, avvicinandoci a noi stessi, ci cucirà un abito di giunchi intrecciati e code di volpe, che si piegano ai venti ma non si spezzano mai.
Duille

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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