domenica 12 febbraio 2017

Wallflower o l'arte della tappezzeria

Nella nostra epoca dominata da cinecomics e varianti più o meno originali, ci si ritrova spesso a chiedersi cosa si provi ad avere un super potere. L'imbarazzo della scelta è a dir poco disarmante, tra i vari silver surfer, Superman, Spiderman, Ironman e i vari altri originalissimi qualcosaman che, oltre a voler sottolineare la loro ovvia appartenenza al genere maschile, si ritrovano stretti come sardine ad affollare un parco attrazioni fumettistico fin troppo nutrito e che comprende anche gente come Doorman, Skateman e Aquaman che, come ci insegna Raji, nessuno vorrebbe interpretare neanche ad una fiera del fumetto.
Di fatto però, pensandoci bene, anche l'ansioso sociale ha il suo superpotere: quello dell'invisibilità. Attenzione però a gridare al miracolo e a sperticarsi per essere i primi a darci l'ammirata pacca sulla spalla, perché il nostro non è proprio un superpotere da universo Marvel, o almeno, non da quello degno di nota. Scordatevi i paragoni con il mantello dell'invisibilità di Harry Potter o il potere antiriflesso di Susan dei Fantastici Quattro. Dimenticate anche l'immagine di un superpotere camaleontico alla Randall di Monster and Co. perché non stiamo parlando neanche di quello. Mettete da parte tutte queste versioni solide dell'ossigeno e sostituitelo con l'immagine di una ragazzina ad una festa scolastica che, spalle contro il muro, passa la serata a guardare la sala da ballo torturandosi il vestito con le mani. Ecco. Quello, signori, è il nostro superpotere. E no, non mi riferisco all'arte, seppur raffinata, dell'asciugatrice, ma a quello di fare da tappezzeria o, come dicono gli americani, quello di essere un Wallflower, ovvero uno di quei fiori che crescono sui muri o sulle rocce. Noi sappiamo diventare parte integrante dell'arredamento, come in quei cartoni animati in cui il protagonista si finge un cactus per sfuggire alla cattura. Il nostro superpotere è quello di aderire completamente allo sfondo, di diventare la sedia sui cui siamo seduti, lo spazio che abbiamo occupato, il muro davanti al quale ci schiacciamo come Kronk ne Le Follie dell'Imperatore. La differenza è sottile ma determinante: nessuno si siederà mai su di noi come se fossimo il chihuahua di turno appisolatosi sul divanetto, ma dopo un po' noterete che l'occhio tenderà a saltare sempre più facilmente alla faccia successiva alla nostra e le domande a noi rivolte inizieranno a diminuire come il conto in banca dopo un'infornata di bebè. Alla fine, immancabilmente, si interromperanno del tutto e la nostra trasformazione in tappezzeria sarà completa. Saremo ancora lì, ben visibili nella nostra ingombrante presenza, eppure non ci saremo più. Spariti, come uno sbuffo di fumo fuoriuscito da una sigaretta. Io credo che, in qualche modo, siamo in grado di indurre la mente dell'altro a registrarci come oggetto inanimato, al pari di un lampadario, una tenda o un tavolino. 
Capite bene che nessuno si metterebbe a disquisire di libri con una caffettiera o a parlare di politica con una borsa. Passiamo inosservati quindi, anche se, precisiamolo, non a causa di un'iniezione di noia alla Maurizio Costanzo Show. Semplicemente, rimaniamo nell'indefinito, siamo figure sfocate in un banco di nebbia invisibile, siamo e non siamo nello stesso tempo. La nostra quindi non è neanche la capacità di diventare una copia carbone delle persone che ci circondano, imitandone modi e abbigliamento come il miglior truffatore o cacciatore di dote. Anche qui, la differenza è sottile ma importante: una cosa è fare parte del mucchio, un'altra è fare parte della tappezzeria. Sono categorie molto diverse, se me lo concedete. Nel primo caso lasceremo un'impronta di memoria, come direbbe Emily Dickinson, avremo una faccia e un'aura emotiva che ci permetterà di essere riconosciuti all'incontro successivo. Nel secondo caso saremo del tutto dimenticati, proprio come si dimentica la forma del bicchiere che si è tenuto in mano per tutta la sera. Saremo semplicemente carta da parati. I modi per riuscire in questa miracolosa operazione è tanto semplice quanto efficace. In realtà è tutta una questione di atteggiamento: muoversi poco, essere silenziosi ma attenti all'ascolto, ridurre al minimo la durata di ogni contatto oculare e lasciare passare qualche secondo prima di rispondere ad una domanda. Io sono giunta alla conclusione infatti che le persone siano simili a quei diffusori per l'ambiente sensibili al movimento. Se le azioni sono scarse o molto lente, se si riesce a restare ai margini del loro radar, il diffusore non si accenderà e, allo stesso modo, le persone semplicemente si dimenticheranno di noi. E questo è esattamente ciò in cui siamo bravi: restare fermi immobili fino all'ultimo istante, pur non restando immobili affatto. Il problema del nostro superpotere è che ce lo hanno venduto senza istruzioni per l'uso, quindi non abbiamo idea di dove sia il bottone di disattivazione e perciò finiamo col diventare invisibili ad interim, padelle a nostro discapito, mattoni tra altri mattoni, violaciocche sul muro di turno. E a nulla servirà spolverizzarci di brillantini come Britney Spears in Toxic o coltivare il nostro cervello come un tempio. I nostri ferormoni continueranno a farci registrare come fornetto elettrico o mensola. La conseguenza è quella di faticare come bestie (e non oggetti) per farci notare dato che, oltre che con il superpotere, dobbiamo lottare con la nostra umanofobia e con il Rimugiserpe che sottolinea la nostra incompetenza sociale. Alla fine quindi potete capire che il potere del Wallflower è tutt'altro che utile e in molti casi si rivela una camicia di forza da cui cerchiamo di uscire tenacemente, testardamente, anche un po' disperatamente, se mi concedete un po' di brutale onestà, grattando con le unghie la tela rinforzata fino a trovare uno spiraglio. E' un superpotere da quattro soldi che ci catapulta di diritto nel mezzo degli eroi sfigati come il Milk Guy che manipola i latticini e che nessuno, neanche Raji, vorrebbe impersonare. Certo, non appena capiremo come si maneggia tutto l'armamentario, conquisteremo il mondo. Basta solo trovare il libretto delle istruzioni.
Duille


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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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