domenica 24 marzo 2019

Assaggi #4: Pensieri di uno psicoanalista irriverente

Quando vidi per la prima volta il saggio di Antonino Ferro era una sera estiva, una di quelle notti in cui il calar delle tenebre concede un attimo di tregua al caldo grigliato tipico della Pianura Padana, lasciando il posto ad una leggerissima brezza, come una carezza di seta appena percepibile. Lui era lì, appollaiato nella vetrina di una libreria che costeggiava la mia università. 
Mi strizzava l'occhio dalla sua copertina pulitissima e sembrava sorridermi di un sorriso particolare, come se avesse appena fatto una marachella di cui non si pentiva minimamente. "Pensieri di uno psicoanalista irriverente. Guida per analisti e pazienti curiosi". Non sapevo niente dell'autore né ovviamente ho avuto la possibilità di leggere la quarta di copertina, dato che un vetro e un orario di apertura ci dividevano come nei migliori film romantici. Eppure ho deciso all'istante che quel libricino dalla faccia furba meritava un incontro più formale, un caffè al bar, per esempio, o una cena insieme, rigorosamente in un ristorante etnico, in cui si mangiano i cibi con le mani e si divide lo stesso bicchiere. La mia sempiterna scarsità di dobloni e l'assenza del suddetto dispettoso in biblioteca, mi è costata un'attesa di un anno, che non ha scalfito di una virgola la mia curiosità. E così, quando finalmente lui ha deciso che era il momento di rendersi disponibile nel catalogo della mia spacciatrice di fiducia (sempre la biblioteca), l'ho subito ordinato e l'ho letto. Quindi, eccomi qui, a parlare di questo saggio mentre lui continua a strizzarmi l'occhio e a fare le linguacce al mondo, come Julius il cane. Per rendere giustizia a questo volumetto di appena 153 pagine, però, si deve affrontare il discorso per punti/precisazioni, adottando un metodo più schematico del solito, allo scopo di non perdersi in quello spazio tra terra e cielo che è, di fatto, la psicoanalisi. Quindi partiamo. 
PRIMO, è necessario specificare che non si tratta di un saggio, ma di un'intervista, di quelle in cui c'è chi domanda e chi risponde. Ma non aspettatevi un'intervista dal sapore giornalistico, perché la psicoanalisi fa provincia a parte ed è irriducibile a qualsiasi imbrigliamento in schemi precostituiti, il che significa che non è mai lei ad adattarsi al mezzo, semmai il contrario. Ciò significa che davanti a noi si snocciolerà un'intervista psicoanalitica, in cui alla domanda non sempre segue una risposta precisa e chiara, e assolutamente non aspettatevi l'esaustività (questa sconosciuta), quanto un sogno, un viaggio, un racconto per immagini molto in linea con lo stile della psicologia dinamica, secondo cui la domanda non si esaurisce nella risposta perché non esiste un'unica risposta accettabile, ma molteplici possibilità che spesso si esprimono in nuove domande. Una costruzione impossibile, insomma, come un quadro di Escher, e che ad alcuni potrebbe suonare come un po' troppo evasiva, quando non direttamente frustrante. 
SECONDO, è necessario fornire due informazioni al volo sui suoi protagonisti, ovvero Luca Nicoli (l'intervistatore) e Antonino Ferro (l'intervistato). Ringraziamo Sua Santità L'Internet per le pillole di saggezza che seguiranno. Luca Nicoli è uno psicoanalista e redattore della Rivista di Psicoanalisi, che praticamente è la versione per strizzacervelli del Science, in cui vengono pubblicate tutte le ricerche e gli articoli di psicoanalisi. Una Bibbia, per quelli del settore. Ferro, invece, è stato il presidente della Società Psicoanalitica Italiana, che è come dire che è stato il Presidente della Repubblica di quella psicologia che ha fondato la psicologia, ovvero quella freudiana. Insomma, due personcine di un certo spessore. 
TERZO, urge specificare che in questo libro non si parla di teorie psicoanalitiche, ma di pratica psicoanalitica (che, per parafrasare Pollon, sembra uguale ma non lo è). Niente approfondimenti sulle teorie freudiane, niente spiegoni sul complesso di Edipo, niente pipponi sul significato dei sogni. Qui si parla di psicoanalisti, più che di psicoanalisi. Più precisamente, si entra nel complesso mondo della pratica clinica, di cosa significhi essere uno psicoanalista oggi, di come esserlo, di quanto applicare la tecnica e a quale tecnica affidarsi, di quanto parlare e quanto tacere, di quanto lasciare spazio alla propria irriducibile ed unica individualità e quanto sparire dietro la maschera imperscrutabile dell'analista-basset hound. Soprattutto, il libro si interroga su come adattare al nuovo millennio e alle sue realtà un bagaglio teorico e metodologico che rifiuta lo statuto di documento storico preferendo vestire i panni dell'evergreen sempre attuale.
QUARTO, questo libro si prefigge di mettere in discussione tutto questo, dal vocabolario psicoanalitico all'applicazione delle regole, al concetto stesso di regola. Qualcuno direbbe elegantemente, che questo libro si fa un bel po' di seghe mentali. Non troveremo quindi spiegazioni su come applicare il transfert, quanto la domanda se ancora si possa parlare di transfert e controtransfert, non ci saranno indicazioni su cosa dire e come dirlo, quanto su cosa significhi essere vivo nella seduta (se compaiono punti di domanda sulla vostra testa, non vi preoccupate. E' normale). 
Il tutto detto e fatto con l'irriverenza promessa nel titolo, con un linguaggio ironico, ricchissimo di citazioni pop e cinematografiche dal sapore squisitamente personale, pregno di metafore culinarie e fantascientifiche che buttano spavaldamente alle ortiche ogni classicismo, rendendo il volume rinfrescante, togliendogli di dosso la polvere dei secoli, nonostante l'autore abbia ormai più di 70 anni, e soprattutto dando sollievo a noi, giovani psicologi, che ci siamo tormentati con le stesse domande e gli stessi dubbi che l'autore e il suo intervistatore esprimono con la semplicità e il candore di chi ha l'autorità per farlo. Ferro quindi scardina ogni caposaldo della tecnica analitica e lo guarda, come diceva Paul Valery, "allo stesso modo con cui una mucca guarda un treno", ovvero come se fosse la prima volta, senza dargli quell'importanza monumentale degli intoccabili. 
E proprio da questi due ultimi punti emerge la mia unica perplessità in merito al volume: credo infatti che il testo non sia così alla portata di quelli che Ferro chiama "pazienti curiosi". Nonostante la indispensabile presenza di un glossario creato apposta per chiarire i termini tecnici mutuati soprattutto dalla teoria bioniana, semisconosciuta ai non addetti ai lavori, il discorso entra molto nel dettaglio della pratica, parlando di concetti come l'unisono, l'0attenzione fluttuante, gli elementi beta e alfa, il campo, la O (sì, la lettera, e no, non è un errore di battitura), dando per scontato che si sappia minimamente di cosa si parla. E vi assicuro che il glossario in questi casi non sarà sufficiente. 
Pensieri di uno psicoanalista irriverente è quindi un volume frizzante e tonificante che parla della tecnica psicoanalitica, ma che, secondo me, è riservato a chi di psicologia ha più di un'infarinatura. E' sicuramente dedicato a tutti i giovani psicologi che si affacciano alla professione con quel desiderio di rinnovamento tipico della giovinezza ma con ancora addosso la soggezione nei confronti dell'Istituzione che li ha formati, a partire da Nonno Freud, e che si chiedono come fare a far parte di una professione che, oltre ad un lavoro, nasce come vocazione, quindi allergica a tutto ciò che esula dalla mente e che riguarda il pragmatismo un po' sporco della vita. Un libro squisitamente psicoanalitico, quindi, che lascerà il lettore/professionista assolto da ogni peccato, semplicemente perché scoprirà che il peccato per cui si è tanto affannato, non esisteva in partenza.  

Duille



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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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