domenica 17 marzo 2019

Telefilm addicted #19: Russian Doll

Russian Doll è una serie che io definisco "alla Boris Vianne": ha bisogno di tempo per essere davvero capita, va fatta decantare come un buon vino dentro il suo calice dallo stelo alto o come una forma di Grana nella cantina di famiglia. E questo perché, come il maggior lavoro di Vianne (La schiuma dei giorni), Russian Doll non conferma le aspettative, rifiuta di adattarsi ed essere mainstream, preferendo prendere la sua strada in modo deciso, seguendo la sua visione d'insieme e lasciando che siano gli spettatori a cercare di carpirne i segreti e non viceversa. 
Russian Doll parte infatti da premesse fin troppo sfruttate: Nadia, la sera del suo 36esimo compleanno, muore in un incidente e si ritrova incastrata in un loop temporale che ricomincia esattamente davanti allo stesso specchio, nello stesso bagno della stessa casa nell'esatta sera della sua festa di compleanno. Un'altra storia sui loop temporali, insomma. Questa è la frase, condita di una buona dose di noia, che potrebbe venirvi in mente leggendo questa breve trama, più o meno la stessa affermazione che ha sbadigliato nella mia mente quando iniziai questa serie, a cui decisi di dare una chance solo perché la protagonista è Natasha Lyonne, la Nicky di Orange is the New Black che molti di noi (ed io particolarmente) amiamo come quei cioccolatini dentro le scatole regalo, che oltre ad essere buoni, sono anche sciccosi da morire. Ma Russian Doll, come dicevo sopra, ha un suo piano più grande e un'anima anticonformista che la porta a sbattersene di tutto e di tutti e che alla fine confeziona un piccolo gioiello, fatto di significati stratificati, polimetaforico, un po' onirico e sicuramente molto psicoanalitico. La serie infatti, paradossalmente, non è centrata sul loop temporale, ma lo sfrutta per focalizzarsi profondamente sui protagonisti, Nadia in primis, andando gradualmente ad aprire quella Matrioska di capelli rossi e vita sregolata, un po' beat e un po' rock, fino a scoprirne il centro. Decostruendo completamente la struttura narrativa lineare, fermando letteralmente il tempo, interrompendo la vita e il suo susseguirsi di eventi dall'effetto distraente, Russian Doll concentra la narrazione in una forma verticale, speleologa, o, come avrebbe detto Freud, archeologa, puntando la telecamera solo ed esclusivamente su Nadia e la sua controparte, Alan. Quello che emerge da questa violazione delle convenzioni narrative, è la chiara visione di due persone convinte di subire la vita, e che si difendono da questa sudditanza in modi opposti: Alan è ipercontrollante in tutto quello che fa, pianifica ogni singolo momento della sua vita allo scopo di normalizzarsi, Nadia è caotica e vive giorno per giorno, rifiutando in modo allergico ogni forma di impegno e richiudendosi in un cinico "basto a me stessa". Entrambi però nascondono sotto questi meccanismi difensivi un segreto fin troppo umano, troppo bruciante perché venga mostrato al mondo, e che quindi va coperto sotto strati di abitudini, piccole manie, rifiuti improbabili, che però impediscono loro di vivere, perché in fondo, quel nucleo centrale è ciò attorno a cui ruota tutto il resto. Alan e Nadia sono quindi due personaggi in fuga da loro stessi ma che, per qualche strana e crudele ragione, il tempo decide di mettere alle strette e di piazzare ogni giorno davanti ad uno specchio, che è lo specchio fisico davanti a cui ricomincia ogni loop temporale ma anche lo specchio metaforico costituito dallo sguardo del loro opposto, e costringendoli così a riflettere sulla loro vita per sistemare il "bug" che li ha colpiti. 
Russian Doll funziona effettivamente a Matrioska e, puntata dopo puntata, ci rivela un frammento psichico faticosamente seppellito in strati di bugie e di finta noncuranza, e che ora i personaggi sono costretti a riesumare, come un cadavere maleodorante, e a bonificare, una volta per tutte. La serie fa tutto ciò senza diventare mai ovvia né troppo palese, ma seminando granelli di verità lungo tutte le puntate, fin dal titolo stesso. Sceglie con cura maniacale ogni dettaglio, ogni oggetto scenico, ogni momento, ogni frase, con cui lo spettatore potrà giocare, individuando possibili significati e riferimenti simbolici. Nulla è casuale in Russian Doll, neanche il punto di inizio del loop temporale: la vita dei due protagonisti, infatti, è spezzata in due momenti smascheratori, che li inchiodano al loro punto di fragilità come nient'altro è riuscito a fare prima, e da quel momento li circonda di persone/rivelazioni, di vagabondi pazzi, di videogiochi impossibili, di gatti persi, di uomini/buco in cui le scelte si rifugiano, a cui Nadia ed Alan dovranno iniziare a dare ascolto. Tutto è un tassello di un puzzle più grande. Ma non pensate che sia una serie faticosa o indigesta perché la grandezza di quest'opera è quella di avere i toni di una comedy molto dark, di non scegliere la melanconia ma l'elaborazione del lutto. Ci tiene sul bordo del cornicione, oscillando tra un umorismo cinico e disincantato ma molto sguaiato e un dolore insostenibile ed insopprimibile che spinge a volersi buttare di sotto. Ma di nuovo, l'obiettivo della serie non è annientare ma dare speranza, è trattare l'argomento del dolore ridandogli dignità, spogliandolo dei pregiudizi sociali che reputano il disagio psichico come un segno di debolezza. Russian Doll sembra volerci dire che convivere con il proprio passato significa attraversare il dolore e che questo si può fare a testa alta, senza vergogna. Ci dice anche che questo non basta, che non si basta mai a se stessi, che non si può essere analista e paziente. Nessuno si salva da solo, e forse non ci si salva neanche in due, ma ci si può sicuramente aiutare un po' a vicenda a stare meglio. In questo modo Russian Doll, con la sua comicità frizzante, la sua estetica urban, la sua estrema onestà e i suoi temi incandescenti, sfugge al rischio di essere una ennesima comedy con le risate registrate ma anche all'estremo opposto di diventare plumbea, diventando piuttosto una serie che, piuttosto che pesante, diventa pensante. Cose rare, di questi tempi.  
Duille



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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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